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«Contro il caro bollette è necessario subito lo scostamento di bilancio». L’intervista a Riccardo Ricciardi (M5s)

Il candidato alla Camera e deputato massese risponde alle domande della Voce Apuana. «Il Green pass rimarra? È impossibile prevedere cosa potrà accadere nei prossimi mesi». E sulle cave: «Sono stato purtroppo l’unico tra i parlamentari eletti in questo territorio, a voler portare avanti la Legge sui beni estimati durante tutta la legislatura. Purtroppo è mancato il sostegno necessario»

MASSA-CARRARA – Il candidato alla Camera per il Movimento 5 Stelle, Riccardo Ricciardi, risponde alle 11 domande della Voce Apuana in vista del voto del 25 settembre. Ricciardi, massese, è deputato dei pentastellati di cui ricopre anche la carica di vicepresidente. L’intervista è divisa in due parti: la prima su tematiche locali, la seconda su questioni nazionali e internazionali.

La Sanac spa è ormai da tempo in amministrazione straordinaria. Nonostante le mobilitazioni e le promesse dal mondo della politica, i primi operai stanno andando in cassa integrazione. Gli stessi operai trovano inspiegabile come Acciaierie Italia (con partecipazione statale) abbia interrotto da ben prima del marzo 2022 (scoppio della guerra in Ucraina) le commesse agli stabilimenti di Sanac, mandandola in sofferenza. Per quale motivo secondo lei e quale tipo di politica concreta ritiene sia necessario intraprendere per salvare la società?

«Anche noi troviamo inspiegabile che Acciaierie d’Italia abbia interrotto le commesse a Sanac. Lo abbiamo dichiarato più volte e lo abbiamo fatto presente in molte occasioni anche al ministro Giorgetti, che ha deciso di tenersi la delega su Ex Ilva, Acciaierie d’Italia, ed è quindi competente sulla questione di questo dossier. Con Alessandra Todde, abbiamo seguito tutti i passaggi relativi a Sanac, compresa la mancata acquisizione e lei stessa, come viceministra al Mise, si è impegnata a seguire la vicenda con tavoli e audizioni in Parlamento anche molto recenti. La questione Sanac sarà una delle prime che sottoporremo a chi guiderà il Mise nel prossimo governo.».

L’ampliamento del porto è argomento fortemente dibattuto: l’Autorità di sistema portuale e alcune industrie situate sul territorio apuano lo chiedono a gran voce mentre realtà economiche vicine e confinanti, che arrivano fino alla Versilia, lo ritengono una minaccia per le loro attività. Cosa ritiene sia giusto decidere visto che, cambiata la normativa, l’ultima parola non spetta più a Firenze (scettica, di fatto, sul progetto) ma spetta a Roma? Soprattutto, questa diatriba mette in evidenza la disomogeneità economica della costa apuo-versiliese: è un bene o un male? Quale visione ha del futuro economico della costa apuo-versiliese?

«Il piano regolatore portuale prevede una riorganizzazione dello scalo apuano, che è necessario adeguare, a conferma di quanto sia strategico. Nello sviluppo del progetto del Piano Regolatore Portuale devono però  essere realizzati studi da parte di esperti terzi che dimostrino che non ci sarà aggravio per l’erosione. L’erosione infatti non è solo un dramma ambientale ma anche un disagio turistico e paesaggistico. Rischiamo di vedere sparire la costa nei prossimi anni e la Regione, sollecitata più volte, non può non intervenire con misure urgenti e definitive. Inoltre è necessario che il porto diventi parte della soluzione con il ripascimento regolare usando le sabbie prelevate alla sua imboccatura ripulite utilizzando l’eco-dragaggio, una tecnologia Fincantieri inventata a Massa che il mondo ci invidia ma che localmente non è stata ancora utilizzata».

L’entroterra della provincia ha scoperto il turismo enogastronomico e la Lunigiana è diventata meta di stranieri provenienti da diversi Paesi europei ed extra europei. I suoi operatori, mentre gioiscono per il vicino scalo internazionale a Pisa, lamentano l’assenza di una rete di trasporti (anche ferroviari) che metta in connessione i borghi lunigianesi. Che impegno e quali idee pensa sia giusto mettere in campo?

«A proposito di Lunigiana voglio premettere una cosa. Molti, che come me sono nati e cresciuti a Massa, hanno scoperto le terre della Lunigiana grazie a iniziative come il Festival Lunatica, organizzati dalla Provincia. Un momento culturale diffuso, che ha contribuito a far conoscere borghi bellissimi. Un danno averlo perso, a causa della riforma delle province. Sulla Lunigiana c’è stata una buona attività di marketing turistico che sicuramente sta dando i suoi frutti. Sono poi iniziati i lavori di raddoppio della Pontremolese, che abbiamo contribuito a seguire a livello ministeriale. Lavori infrastrutturali importanti su cui manteniamo l’attenzione.».

A Carrara gli ambientalisti protestano perché l’escavazione nonostante la nuova normativa dei Pabe e del regolamento degli agri marmiferi consente lo stesso quantitativo (in realtà stigmatizzano un aumento dello stesso) di escavazione. Quale è la sua posizione in merito?

«Sono stato purtroppo l’unico tra i parlamentari eletti in questo territorio, a voler portare avanti la Legge sui beni estimati durante tutta la legislatura. Purtroppo è mancato il sostegno necessario a farla approvare. Rimane una battaglia in cui credo molto. La nuova normativa approvata dall’amministrazione 5 Stelle di Carrara, con il nuovo Regolamento degli Agri e i Pabe, ha introdotto importanti misure a tutela dell’ambiente e del bene comune. Le concessioni non vengono più rinnovate automaticamente ma grazie a noi sono diventate temporanee. Creste, crinali e sorgenti finalmente sono protette da prescrizioni stringenti e chiare. In merito ai quantitativi: non è affatto vero che è previsto un aumento delle quantità escavabili. In questo senso è stato fatto un lavoro molto accurato, tenendo in equilibrio la tutela dell’ambiente e del paesaggio con  le esigenze di un’intera comunità che a oggi, per motivi economici e occupazionali, non può rinunciare al settore lapideo. Nello specifico sui quantitativi c’è una norma regionale che fissa un tetto massimo comune per comune. Carrara ha distribuito questo quantitativo sulle singole cave, indicando un tetto per ciascuna. Ogni cava ha dei quantitativi sostenibili fissati su 10 anni (e non su 20 come il piano regionale). Ovviamente il tutto tenendo conto che l’escavazione è regolata da una serie di norme che prevede divieti totali su alcune zone e limiti per altre: i quantitativi sono comunque soggetti ai criteri generali. Infine per quanto riguarda il Parco Apuane, sarebbe l’ora di una seria riflessione per decidere se farlo diventare parco nazionale».

Massa e Carrara hanno un solo pronto soccorso anche se si tratta di due città distanti circa 7 chilometri l’una dall’altra, tenuto conto dell’esistenza dei paesi a monte. È sufficiente?

«Con la pandemia di Covid ci siamo resi conto delle condizioni di precarietà in cui versa la sanità territoriale, anche in Toscana, dopo anni in cui è stata fortemente penalizzata. La rete di medicina di base e di sanità territoriale sono venute meno. Finché le Asl saranno aziende a criterio economicistico, in cui si premiano le strutture che risparmiano, e non quelle che garantiscono le migliori prestazioni, la sanità in questo Paese sarà sempre un problema. Noi continueremo a chiedere l’aumento dei fondi alla sanità pubblica, come già dimostrato da prima della pandemia, quando con i governi Conte c’è stato un drastico cambio di rotta in questo senso, rispetto a governi di centrodestra e centrosinistra che in passato in questo ambito hanno sempre e solo fatto tagli».

Continuare a inviare armi all’Ucraina o aprirsi alla diplomazia dialogando con Putin?

«Abbiamo sempre espresso la nostra posizione forte e chiara di condanna alla Russia di Putin per l’invasione dell’Ucraina, ma allo stesso tempo pensiamo che l’escaltion militare non sia la soluzione. Per questo ci siamo espressi contro l’aumento della spesa militare. All’inizio abbiamo condannato subito l’invasione russa, e non ci siamo tirati indietro quando è stato deciso per un iniziale invio di armi, quando erano necessarie a resistere e a salvare le vite dei civili ucraini. Ma non si può pensare che l’unica soluzione sia inviare armi su armi aspettando che prima o poi Putin si stanchi. Ecco perché ci siamo opposti a una politica che punta solo ad aumentare costi per gli armamenti, e si scorda che al primo posto deve esserci la creazione di una conferenza di pace. Lo ha detto il presidente Mattarella, lo ha detto Papa Francesco. Per fare questo l’Italia deve caratterizzarsi per una svolta diplomatica intensa e decisa, coinvolgendo gli altri Paesi dell’Unione Europea. Dobbiamo evitare un’escalation militare dagli effetti incontrollabili».

Costi energia elettrica e gas sempre più alti. Quali soluzioni proponete per riportarli ai livelli di un anno fa?

«Il carobollette in corso non è innescato da una carenza di risorse ma dalla speculazione in corso ormai da fine 2021. Draghi non ha fatto niente per fermarla, nonostante le nostre richieste a cui non ha mani risposto. Draghi doveva fare quello che ha fatto Conte durante la pandemia: andare in Europa, che in teoria dovrebbe conoscere bene, e chiedere sostegno per l’Italia. Invece oggi anziché combattere gli speculatori, la politica li fiancheggia, a discapito dei cittadini che vedono ricadere questi costi in bolletta. Servono strategie a breve, medio e lungo termine. Lo chiediamo da mesi: iniziamo una politica energetica comune europea, un Energy Recovery Fund che parli di prezzi di acquisto e stoccaggi comuni, con fabbisogni calcolati a livello europeo e armonizzato tra i vari paesi. Nel breve termine invece, è necessario uno scostamento di bilancio. E va fatto subito, o sarà troppo tardi. Rischiamo infatti che le aziende chiudano, o peggio finiscano in mano alla criminalità organizzata che non vede l’ora di lucrare sulla disperazione di chi non sa come mandare avanti la propria impresa. Quando ci si spaventa di fare debito, ricordiamoci che oggi a fare debiti sono le aziende e le famiglie italiane».

Obbligo vaccinale. A oggi diversi operatori sanitari (anche nella nostra provincia) non possono lavorare, quindi non possono percepire lo stipendio che serve loro per vivere e per sostentare la loro famiglia. Che ne sarà di questo obbligo (e degli obblighi di vaccinazione anti covid in generale) se i cittadini vi premieranno alle urne?

«La prima cosa che viene detta a chi incontra Giuseppe Conte negli eventi di piazza è: “Presidente, la sua presenza alla guida del Governo durante la pandemia ci ha fatto sentire sicuri. Ci tranquillizzava, è stato importante sapere da lei come ci dovevamo comportare e perché”. La figura di Giuseppe Conte in un momento così buio per l’Italia ci ha permesso anche di affrontare nel modo giusto una campagna vaccinale con numeri incredibili. La campagna vaccinale condotta in Italia ha avuto un esito molto positivo, la stragrande maggioranza della popolazione si è vaccinata volontariamente e questo è un successo che constatiamo, e che ci è stato riconosciuto anche in sede internazionale. Successivamente, con il governo Draghi, ci siamo chiesti come M5S se aver imposto a febbraio un obbligo vaccinale, quando la maggior parte della popolazione era già vaccinata fosse necessario. E questo perché così facendo si è esasperato inutilmente un clima di tensione, quando in realtà la copertura vaccinale era già molto alta in tutta la popolazione».

Green pass: oggi serve solo per accedere alle strutture sanitarie, ma solo in presenza di quello rafforzato, impedendo a chi decide liberamente di non farsi iniettare il vaccino anti covid di accedere alle strutture sanitarie. Non sarebbe più logico mettere solo l’obbligo di tampone, visto anche che i vaccinati possono contrarre il covid e diffonderlo anche all’interno delle strutture sanitarie? E che ne sarà del Gp se andrete al governo?

«I ragionamenti sulle misure di contrasto ad una pandemia si fanno periodicamente, seguendo l’andamento del virus e le mutazioni delle sue varianti, dati alla mano. Oggi è impossibile quindi prevedere cosa potrà accadere nei prossimi mesi. Indubbiamente l’autunno porterà un aumento dei casi e in quel momento si faranno eventuali valutazioni. L’importante sarà utilizzare il metodo che utilizzava Giuseppe Conte: adeguatezza e proporzionalità: ogni eventuale obbligo, ogni chiusura, era sostenuta da dati e spiegata ai cittadini con chiarezza. Chiarezza che non c’è purtroppo stata nel governo Draghi. Governare non è solo scrivere atti e decreti ma anche saper comunicare ai cittadini eventuali decisioni prese, dai vaccini all’introduzione di una misura come il green pass, fino al corretto utilizzo delle mascherine. Credo che questa mancanza di capacità comunicativa non abbia aiutato la coesione sociale e la comprensione di determinate misure da parte dei cittadini».

Debito pubblico e deficit: ricchezza finanziaria per cittadini e imprese e strumenti per alleviare gli effetti della crisi, o un peso catalizzatore di ulteriori rischi finanziari per l’Italia? Qual è la vostra posizione?

«In questo momento il Paese si sta già indebitando. Le famiglie, le imprese, stanno facendo debiti perché non riescono a pagare le bollette che hanno raggiunto cifre astronomiche. Si stanno indebitando con le banche, ma probabilmente anche con qualche usuraio. Dobbiamo mantenere il debito italiano nelle mani degli italiani, certamente. E molti italiani hanno investito acquistando titoli di stato e sostenendo quindi la nostra stessa economia. Oggi è il momento di fare debito, perché necessario. Andrà fatto, e prima lo facciamo meglio sarà».

Reddito di cittadinanza: abolirlo o migliorarlo? Eventualmente, come? Perché, per esempio, non far lavorare i percettori del Reddito fintanto che non saranno assunti nel settore privato?

«I 2/3 dei percettori di reddito sono persone inabili al lavoro: anziani, disabili e minori che senza questa misura vivrebbero in condizioni di povertà assoluta. Alcuni Comuni italiani hanno avviato i Puc, progetti utili alla collettività,  che servono a far fare lavori di pubblica utilità proprio ai percettori di reddito di cittadinanza. Sono una piccola parte, ma funzionano bene, là dove vengono attivati. La misura del reddito funziona se compensata dallo sforzo dei Comuni nell’attivare questo tipo di misure, e delle Regioni nel potenziare i centri per l’impiego. Oggi minacciare di abolire una misura di sostegno al reddito come quella introdotta dal Movimento 5 Stelle significa togliere a chi lo percepisce la possibilità di mangiare: la somma percepita infatti viene utilizzata per fare la spesa, per acquista beni di prima necessità, e non certo per speculazione finanziaria. Inoltre le aziende che assumono percettori di reddito hanno importanti sgravi fiscali. In nessun Paese europeo in un momento di crisi come quello che stiamo vivendo, si è pensato di togliere una misura di sostegno al reddito. Lo si fa solo in Italia per una ragione ben precisa: lo ha fatto il Movimento 5 Stelle».

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