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Trema la Sanac, si temono misure lacrime e sangue

Lo spegnimento degli impianti a Taranto preannuncia scenari tetri per il futuro dello stabilimento di Massa

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Orizzonti sempre più neri sulla Sanac. Ieri ArcelorMittal ha comunicato l’intenzione di recedere dal contratto per la gestione del gruppo Ilva e dello stabilimento di Taranto, programmando lo spegnimento degli impianti. Nelle stesse ore dell’annuncio si teneva il tavolo istituzionale a palazzo Ducale, a Massa, tra i rappresentanti delle istituzioni, le segreterie sindacali, le Rsu Sanac e la sottosegretaria al Mise, Alessandra Todde. Nel giro di poche ore gli scenari aperti sul futuro di Sanac cambiano e restano in sospeso gli interrogativi emersi in sala Resistenza, restare dentro il circuito ex Ilva o sganciarsi così da operare indipendentemente da Taranto?

Le opzioni nel frattempo sembrano essersi ridotte. L’acquisizione del gruppo si scontra ormai “a viso aperto” con i grandi interessi di ArcelorMittal, che ha deciso, apparentemente, di abbandonare fabbriche e operai. Una notizia improvvisa e scioccante che lascia non poco amaro nelle bocche dei sindacalisti che hanno seguito la vertenza: “E’ assurdo ed è gravissimo aver permesso ad una multinazionale di acquisire prima i clienti dell’ex Ilva e poi andarsene senza aver adottato le prescrizioni ambientali e gli impegni occupazionali” commenta Nicola Del Vecchio segretario generale Filctem Cgil Massa Carrara. Massimo Graziani (Uiltec Toscana Nord) solleva responsabilità politiche: “E’ il fallimento degli ultimi due governi”. “Si aprono scenari inquietanti. Per il siderurgico nazionale. Per il sistema Italia. Per l’economia di tutto il paese. E per il futuro di Sanac. Se la decisione dovesse diventare irrevocabile – sostiene Graziani – significherebbe resettare sei anni di lavoro e programmi. Ma non va meglio nel caso in cui si tratti di un braccio di ferro, di una prova di forza: perché per tornare al tavolo Arcelor Mittal potrebbe chiedere sacrifici di lacrime e sangue. Tagli lineari su tutto, da giocarsi sulla pelle dei lavoratori, su migliaia di famiglie”.

Durante l’incontro è stato affrontato il nodo dell’accordo tra il governo e il colosso dell’acciaio, un accordo fatto di dettagli, postille, che rischiano di travolgere le aziende dell’indotto di Ilva: “La sottosegretaria al Mise, Todde ,in assemblea, ci ha rappresentato un altra verità – rimarca Stefano Tenerini di Femca Cisl – Arcelor Mittal non ha rispettato i punti dell’accordo sottoscritto nel 2018, non rappresentando un piano industriale, non pagando la 2° rata dell’acquisizione, non investendo in tecnologia e sicurezza sul lavoro e dimostrando di non essere un acquirente serio e responsabile. In mezzo ai due litiganti ci sono 30000 lavoratori”.

Le sigle sindacali sostengono la natura politica del “fallimento” e chiedono alle istituzioni “piani b” per tenere aperta l’azienda. “Queste fabbriche devono diventare Aziende di Stato. Nazionalizzare il gruppo significherebbe salvare 30 mila posti di lavoro”, incalza il segretario Cgil Paolo Gozzani.

LE REAZIONI DEL MONDO POLITICO

“La rescissione del contratto di acquisto dell’ex ILVA da parte di ArcelorMittal  è solamente il primo dei disastri a cui questo nuovo governo M5S-PD condanneranno l’Italia nel prossimo periodo”, sono le parole del capogruppo Alessandro Amorese di Fratelli d’Italia e del suo coordinatore provinciale Marco Guidi. “Per sollecitare un ravvedimento su questo problema di vitale importanza per tanti lavoratori e per le loro famiglie il gruppo consigliare di Fratelli d’Italia riporterà la questione Sanac all’attenzione del prossimo consiglio comunale impegnando il sindaco a compiere ogni passo utile verso il Governo in modo che venga bloccata questa deriva che rappresenterebbe il fallimento completo della politica siderurgica italiana”.

Per il deputato Cosimo Maria Ferri (Italia Viva): “Serve una volontà politica forte che tuteli il lavoro, la produzione e garantisca il futuro industriale di questo Paese. Bisogna evitare che Arcelor se ne vada, e comunque evitare che sia a costo zero e che lasci solo macerie”.

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