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Cave, ok alla legge regionale. Almeno il 50% dei blocchi si lavorerà in loco

A maggioranza (Pd, gruppo misto-Art.1/Mdp), passano le disposizioni su concessioni, estrazioni, lavorazione e proroga a fine anno dei Piani attuativi dei bacini estrattivi, previo accordo con il Mise

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Le nuove disposizioni in materia di concessioni, estrazioni e lavorazione delle cave passano a maggioranza. Il Consiglio regionale approva le modifiche alla legge 35/2015 e vara indirizzi per “l’uso civile della risorsa”, sintetizza l’assessore Vincenzo Ceccarelli. L’aula si esprime a maggioranza con 22 voti a favore (Pd e gruppo misto-Art.1/Mdp), 4 astensioni (Movimento 5 stelle) e 10 contrari (il resto delle opposizioni).

L’Aula respinge gli atti collegati presentati dalle minoranze (ordini del giorni e emendamenti), mentre approva le modifiche proposte dal gruppo Pd. In particolare Sì-Toscana a sinistra proponeva, con un atto di indirizzo specifico, la “definizione univoca di lavorazione dei materiali ad uso ornamentale”. Forza Italia e Fratelli d’Italia puntavano alla definizione di cava dismessa, ossia quella per la quale non è vigente il titolo autorizzatorio né è pendente in istruttoria il procedimento per ottenere il titolo; così come alla specifica che il provvedimento di proroga non può comportare modifiche o varianti sostanziali al progetto definitivo, fatte salve le varianti senza alcun aumento volumetrico all’interno del perimetro autorizzato. Un altro emendamento chiedeva infine lo stralcio dell’articolo 19 della proposta di legge che prevede il passaggio del sito estrattivo al patrimonio indisponibile comunale qualora il proprietario privato non intenda esercitare l’attività di coltivazione né trasferire a terzi la facoltà. A detta dei consiglieri Maurizio Marchetti, Marco Stella  (Forza Italia) e Paolo Marcheschi (Fratelli d’Italia), quanto previsto nella nuova legge è “pericolosissimo” in quanto obbliga il privato proprietario di più cave alla coltivazione contemporanea.

Passano, invece, gli emendamenti proposti dal Partito democratico in alcuni casi sottoscritti anche dai gruppi di minoranza. È il caso delle modifiche relative alla sospensione e decadenza del’autorizzazione (articolo 8 comma 2 della legge approvata). Come spiegato dal presidente della commissione Ambiente Stefano Baccelli (Pd), vengono inseriti, tra le cause, anche gravi e reiterate violazioni delle norme di legge o dei contratti di lavoro collettivi relative agli obblighi retributivi. “Abbiamo raccolto le richieste dei sindacati emerse nel lungo lavoro di analisi e confronto sul testo di legge”, spiega Baccelli. Tra le altre modifiche proposte e passate, anche quella sottoscritta dall’assessore Vincenzo Ceccarelli che proroga il termine per l’approvazione dei Piani attuativi dei bacini estrattivi (Pabe) della alpi Apuane al 31 dicembre prossimo, “previo accordo con il Mise”.

ALMENO IL 50% DEI BLOCCHI DOVRÀ ESSERE LAVORATO IN LOCO
Secondo la nuova legge, almeno il 50 per cento della filiera del marmo deve rimanere sul territorio, i blocchi di marmo da taglio saranno lavorati in loco. A illustrare il provvedimento all’aula è stato il presidente della commissione Sviluppo economico e rurale Gianni Anselmi (Pd), il quale ha ricordato che le modifiche si sono rese necessarie in seguito all’intervento della Corte Costituzione che (con la sentenza  n. 228 del 20 settembre 2016) ne ha dichiarato l’illegittimità, per la parte in cui qualifica la natura giuridica di beni estimati. La Corte ha infatti stabilito che la loro disciplina è di competenza statale. “Con un lungo lavoro – ha spiegato Anselmi – abbiamo cercato di porre rimedio alla questione, perché questi beni, spesso contigui o inseriti in siti estrattivi, necessitano di un approccio unitario, e dunque abbiamo messo in campo alcuni strumenti di governo. Ma siamo andati oltre, con un confronto serrato con gli addetti ai lavori, in modo da affrontare e rivedere tutta una serie di temi della vecchia normativa regionale”.

Tra le novità del nuovo provvedimento spicca quella che l’impegno alla lavorazione di almeno il 50 per cento del materiale da taglio nel sistema produttivo locale.

Sulla durata delle autorizzazioni per le concessioni si provvede a individuare nell’ente competente al rilascio dell’autorizzazione, ovvero il  Comune, il soggetto deputato all’eventuale proroga, che passa da due a tre anni. Sulle varianti all’autorizzazione, ha spiegato ancora Anselmi, si specificano i casi nei quali si procede con nuove nel caso in cui venga modificato l’assetto definitivo del sito, si introduce l’estensione superiore all’1,5 per cento della superficie del sito estrattivo e si toglie il riferimento alle aree vincolate.  Introdotto, inoltre, un sistema di governance delle cave misto per quei siti in cui sono presenti soggetti pubblici e privati. Se la maggior parte è in mano al privato è possibile procedere all’affidamento diretto; se la maggior parte è pubblica si prevedono consorzi obbligatori tra le imprese. E si prevede, infine, l’acquisizione da parte del Comune in caso di inerzia dei privati, previo indennizzo.

Sono state anche introdotte premialità per “l’impegno allo sviluppo di un progetto di interesse generale per il territorio, che attraverso nuovi investimenti sia in grado di generare un impatto positivo sull’occupazione, sull’ambiente e sulle infrastrutture”. Infine, è prevista la costituzione di un nucleo tecnico di valutazione, formato da tecnici regionali ed esperti esterni, per fornire un parere preventivo e non vincolante ai Comuni, e nasce il Comitato di distretto Apuo-versiliese con l’obiettivo di promuovere l’attività, la ricerca e la valorizzazione del materiale lapideo estratto.

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