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«Altre 40 cave a rischio chiusura». L’allarme dei socialisti

«Non si possono aspettare i tempi di Tar e Corte Costituzionale, la Regione deve essere promuovere un confronto urgente teso a definire un quadro normativo chiaro e armonico»

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«Mentre i grillini fanno festa altre 40 cave sono a rischio chiusura». Lo sostengono dal Partito Socialista di Carrara che intervengono nel dibattito sul marmo dopo le recenti sentenze del Tar della Toscana che ha accolto parzialmente i ricorsi delle aziende del marmo fermate nei mesi scorsi per aver estratto fuori perimetro.

«Le ultime sentenze del Tar – dicono dal Psi – utilizzate da molti per rafforzare autonomi convincimenti rappresentano, di fatto, una sconfitta per tutti e, in primis, per l’amministrazione comunale che si è dimostrata incapace di affrontare il tema dell’estrazione del marmo rischiando anche pesanti condanne per il risarcimento dei danni causati alle imprese che potrebbero mettere in difficoltà il bilancio del comune per molti anni come già avvenuto nel passato. Dopo avere sposato una cultura ideologicamente contraria alle cave, al punto da auspicarne a più riprese la chiusura, i 5Stelle di Carrara e i loro sostenitori ci hanno provato, nei fatti, a partire da luglio 2018 decretando punizioni “esemplari” con sospensioni repentine e totali dell’attività di diverse cave a seguito di difformità e sforamenti riscontrati rispetto ai piani di estrazione. Di fronte alle reazioni delle aziende, dei lavoratori e delle parti sociali e rendendosi conto tardivamente degli effetti devastanti causati dai provvedimenti messi in atto, l’amministrazione di Carrara si è rivolta alla Regione per trovare una via d’uscita poi individuata con l’approvazione della leggina transitoria denominata “58 Bis – salvacave” i cui effetti si sono dimostrati ben diversi da quelli auspicati, al punto da essere prontamente impugnata e disconosciuta anche dagli stessi che l’avevano invocata e condivisa».

«Il dibattito che si è sviluppato – aggiungono – successivamente ha fatto emergere le carenze di una norma scritta a più mani, frutto di un percorso anomalo e condizionato da fattori esterni come mai si era verificato in passato che ha condizionato, prima di tutto il Comune il quale si è dimostrato debole e incapace di affrontare i problemi con la necessaria fermezza e al di fuori di ogni condizionamento. Il risultato disastroso era facilmente prevedibile ed è ormai un dato di fatto come testimonia il comportamento di un sindaco che aveva assunto la missione di far cessare “le lobby del marmo” ma che alle stesse vorrebbe ora affidare l’autocertificazione sul valore dei blocchi, che firma “a sua insaputa” lettere alla Regione che esprimono contenuti opposti a quanto sostiene verbalmente senza dimenticare che per anni ha sostenuto la “teologia dell’abolizione dei Beni Estimati con una semplice delibera di consiglio comunale”. Di fronte a uno scenario normativo così incerto, nel quale sono a rischio di chiusura almeno altre 40 cave, si mette, di fatto, a repentaglio il principale settore economico del territorio che è chiamato a misurarsi giornalmente con la domanda che proviene dai mercati internazionali ed è perciò urgente e necessario che si apra una stagione del dialogo che possa portare chiarezza con un riordino delle normative regionali da affrontare con una rivisitazione complessiva della Legge 35/2015 che è già all’attenzione del Consiglio regionale da circa due anni, cioè dopo la sentenza della Corte Costituzionale sui Beni Estimati».

«Non è immaginabile – concludono i socialisti – che una materia tanto importante per l’economia locale debba attendere i tempi del Tribunale Amministrativo o della Corte Costituzionale per cui ribadiamo che deve essere la Regione a promuovere un confronto urgente teso a definire un quadro normativo chiaro e armonico anche con il Piano Regionale Cave in via di adozione, che possa superare anche una norma transitoria come appunto l’articolo 58Bis, nato per affrontare l’emergenza ma che non ha risolto i problemi. L’Amministrazione comunale, che non può limitarsi a delegare ad altre istituzioni le proprie responsabilità, deve scuotersi, una volta per tutte dal torpore, abbandonare una visione ideologica contraria all’attività delle cave e procedere, nei tempi prescritti,  all’adozione dei piani attuativi come strumento fondamentale di pianificazione per i bacini marmiferi per i prossimi decenni».

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