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«Battuta sessista». Le donne del Pd e Rifondazione contro Baratta

Non si placano le polemiche dopo lo scambio di battute in Consiglio comunale tra l'assessore al bilancio e la consigliera Mosti

Continuano le polemiche all’indirizzo dell’assessore al bilancio di Massa, Pierlio Baratta, dopo lo scambio di battute nel penultimo Consiglio comunale definito «sessista» tra lui e la consigliera di opposizione Elena Mosti. La solidarietà a quest’ultima arriva dalle donne del Partito Democratico di Massa e da Rifondazione comunista. Riportiamo di seguito i loro interventi.

Pierlio Baratta

DONNE DEMOCRATICHE (PD): «MANCANZA DI RISPETTO, POSIZIONE RETROGADA»
In merito all’increscioso episodio successo durante il Consiglio Comunale a Massa, ovvero lo sprezzante commento rivolto alla Consigliera Elena Mosti da parte di un Assessore della Giunta, come donne Democratiche esprimiamo biasimo non solo verso l’autore ma anche verso quelle cariche istituzionali che sedute sui banchi della giunta hanno accompagnato la battuta sessista del suddetto Assessore con “risate e sghignazzi”.
Oggi viviamo un momento drammatico per l’universo femminile, segnato anche dal diffondersi di retrograde posizioni, che rischiano di compromettere o addirittura cancellare diritti e conquiste frutto di grandi battaglie dei passati decenni.
Sempre, ma tanto più in questo attuale contesto, tollerare e sottovalutare gli effetti di un lessico sbagliato, sessista e irriverente e il manifestarsi di atteggiamenti maschilisti, è profondamente sbagliato.
L’episodio che ha visto coinvolta la consigliera Elena Mosti, al pari di altri similari, sono esempi di un pensiero e di un’azione spesso segnati dalla mancanza di rispetto per la persona e, nella fattispecie, per gli stessi luoghi istituzionali in cui siedono uomini e donne rappresentanti di tutti i cittadini.
Alla cultura del rispetto si sta opponendo un modo relazionale che scivola sempre più spesso e più facilmente nello sberleffo, nell’offesa gratuita, sovente ammantata di pregiudizi e stereotipi e nell’aggressività verbale sempre più diffusa.
E’ questo impoverimento culturale, che rischia di farci precipitare in un’epoca triste e sempre più pericolosa.
La cultura del rispetto si costruisce ogni giorno pezzo per pezzo in casa, nei luoghi di lavoro, nelle palestre e nelle scuole… e nei luoghi “sacri” delle Istituzioni.
Ecco perché ci schieriamo a fianco di Elena, come lei stessa afferma, “per un senso di rispetto più grande che riguarda tutte e tutti” perché un modo diverso di convivere fra donne e uomini è necessario e urgente, un modo di convivere da costruire “insieme!”.
Due giorni fa abbiamo visto però scrivere una bella pagina proprio in uno di questi luoghi sacri, grazie all’unità di intenti delle parlamentari delle opposizioni che, sfidando chi le ha derise durante l’occupazione simbolica della Camera, hanno fatto convergere tutte le forze di Governo, in un Sì unanime alla Camera all’emendamento che rende il revenge porn un reato. In quel momento noi tutte, sollevate, ci siamo unite a quell’applauso liberatorio che è scoppiato alla Camera dei deputati dopo l’esito di questa votazione.

RIFONDAZIONE: «BASTAVA CHIEDERE SCUSA»
Sarebbe bastato ammettere di aver detto una sciocchezza, come succede a tutti, e chiedere scusa. Sarebbe bastato questo perché si chiudesse con dignità l’episodio che ha coinvolto l’Assessore Pierlio Baratta e la Consigliera Elena Mosti qualche sera fa durante una seduta del Consiglio Comunale.

Invece no, l’Assessore Baratta non si muove di un millimetro, dimostrando così, nella migliore delle ipotesi, di non rendersi conto di aver rivolto una battuta sessista alla Consigliera e di averle mancato di rispetto in quanto persona, in quanto donna, in quanto rappresentante eletta dei cittadini.

Nella peggiore, invece, l’Assessore è perfettamente consapevole degli implicazioni delle sue parole. Sa esattamente cosa significa rivolgersi a una donna, in un contesto formale, istituzionale addirittura, e fare allusioni sessuali esponendola alla derisione di un pubblico. Usa volutamente una comunicazione sessista per umiliare l’avversario, una donna, e si pone così nel solco di una tradizione ben consolidata.

Purtroppo non sapremo mai con certezza se si tratta di semplice, ma preoccupante, mancanza di cultura o di una scelta deliberata. Per farci un’idea ci può venire però in aiuto il contesto politico nel quale si muove l’Assessore Baratta.

È di queste ore infatti la notizia che la Commissione Affari Istituzionali avrebbe accolto una mozione per rimuovere il linguaggio di genere dallo Statuto del Comune, una decisione incomprensibile che va nella direzione opposta a quella intrapresa ormai da tempo dalle istituzioni di tutti i livelli nel nostro paese. Siccome, come tutti sanno, usare il femminile nel linguaggio istituzionale è un modo per riconoscere il ruolo delle donne nella vita pubblica, viene il sospetto che a questa amministrazione piaccia di più un mondo in cui le donne non si vedono, non parlano, non chiedono conto.
Esprimiamo perciò la nostra solidarietà non solo e in primo logo alla Consigliera Mosti, ma anche alle sue colleghe, che, ne siamo certe, hanno provato imbarazzo per il triste siparietto offerto dall’Assessore Baratta.