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«È il tempo della lotta e del riscatto». Le donne scendono in piazza

In duecento per l'iniziativa lanciata dalla rete antisessista di Massa-Carrara

Duecento persone in piazza per la passeggiata femminista lanciata dalla rete antisessista di Massa Carrara. Appuntamento alle 17 davanti al teatro Guglielmi di Massa. Tantissime le donne che hanno preso parte alla «giornata di lotta» lanciata nel 2015 dal movimento argentino Non una di meno, ma anche tanti uomini che condividono le loro rivendicazioni. E tante sono state le ragioni che li hanno spinti a scendere in piazza.

Rifondazione Comunista commenta il disegno di legge del senatore della Lega Simone Pillon e scrive: «No al decreto Pillon perché inibisce il divorzio fra persone appartenenti alle fasce meno abbienti, prevedendo il ricorso a figure professionali a pagamento, assimila figli e figlie a beni materiali, ponendo l’attenzione sulla quantità e non sulla qualità del tempo passato assime. Va a svantaggio dell’ex coniuge più debole economicamente con il mantenimento diretto, inibisce la denuncia della violenza da parte di chi è maltrattato compresi i bambini e le bambine».

«Oggi siamo qui per celebrare tutte quelle donne che decidono di combattere ogni giorno insieme per un mondo migliore: antifascista, antisessista e anticapitalista», scrive il collettivo femminista Kall. «Siamo qui per ricordare che il senso autentico del ribellarci è ribellarci insieme, l’una affianco all’altra. Oggi siamo qui per dire che ogni donna può essere la nostra casa, il nostro rifugio, il nostro asilo, che la sorellanza è la costruzione di un orizzonte comune, che è empatia, comprensione, rapporto e fiducia. Sorellanza è la non competizione, l’accettazione dell’altra nella sua unicità particolare, è l’essere insieme senza sovradeterminazione, il cooperare senza sopraffazione».

«Siamo donne, lavoratrici, impegnate in lavori dipendenti o autonomi, siamo ragazze madri o donne separate, disoccupate, lavoratrici migranti», scrive la Casa Rossa Occupata. «Siamo le donne che lavorano negli uffici, negli ospedali, nei supermercati, in laboratori, in studi professionali, nelle multinazionali, nelle università, nelle cooperative, guidiamo treni, camion, ambulanze e aurei. Ma veniamo pagate meno degli uomini e ci viene detto che non siamo adatte a certi ruoli. Nei testi scolastici leggiamo che “la mamma stira e cucina e il papà lavora e legge”, governi attuali e precedenti ci vorrebbero mamme e generatrici di forza lavoro, a casa, senza possibilità di autodeterminarci (come ha detto la Lega in questi giorni), in cucina a badare ai figli o ad occuparsi della riproduzione della “razza italica”, perché dobbiamo capire come organizzare la nostra vita per il “bene del paese, come sostengono il ministro Fontana e il senatore Pillon. (…) Fa comodo a tutti tenerci a casa a lavorare gratis, allo stato che altrimenti dovrebbe pagare per i nostri servizi e invece taglia sul welfare, ai padroni che così possono abbassare i costi del lavoro e ricattare gli uomini. la violenza machista, che ci uccide, e quella economico – istituzionale, che tiene legate al profitto rendendoci povere e cercando di indebolirci, sono la stessa cosa ma noi siamo quelle che non ci stanno più. Basta sottomissione, paura, sfruttamento e ricatto. È il tempo della lotta e del riscatto».