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Cave bloccate, il Tar accoglie in parte i ricorsi e chiama la Corte Costituzionale

Secondo il tribunale la sospensione dell'attività doveva avvenire solo nell'area rilevata difforme rispetto al piano di escavazione. L'avvocato Lattanzi: «Rilevante che sia stato richiesto l'intervento della Consulta»

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Il Tar della Toscana ha depositato le sentenze nel merito relative ai ricorsi presentati dalla Cooperativa Cavatori Canalgrande per le cave 95 e 150 che ha accolto parzialmente. La decisione arriva dopo le sentenze già emesse per le società Lorano II, Cave di Sponda e Ingra Srl. Le cave, lo ricordiamo, erano state chiuse a luglio 2018 dopo che l’avvocatura della Regione Toscana aveva rilevato delle escavazioni fuori dal perimetro consentito rispetto a quanto sancito dalla legge regionale 35/2015.

Le aziende fermate, l’11 gennaio scorso avevano poi ripreso le lavorazioni nell’area non difforme, dopo le ordinanze emesse dallo stesso Tar che ricalcavano sostanzialmente le sentenze emesse in questi giorni. In questo caso però si aggiunge un altro aspetto relativo alla costituzionalità dell’articolo 23 della legge regionale che prescrive la decadenza dell’autorizzazione a escavare nel caso in cui l’azienda estragga nelle aree difformi oltre mille metri cubi di materiale. Infatti, nel loro ricorso, le imprese avevano sollevato la questione di costituzionalità sostenendo che quel limite è irragionevole e che viola il principio di proporzionalità e uguaglianza. Così il Tar ha richiesto l’intervento della Corte Costituzionale che dovrà pronunciarsi entro la fine dell’anno su questo punto.

Soddisfatto l’avvocato della Cooperativa Canalgrande Antonio Lattanzi: «È molto rilevante e positivo – ha commentato alla Voce Apuana – che il Tar abbia chiesto l’intervento della Consulta sulla questione di costituzionalità sollevata dalle imprese. L’altra cosa importante è che si è messo un punto fermo sul blocco delle lavorazioni che, nel caso dovessero essere rilevate in futuro, dovranno essere applicate nelle sole aree difformi e non in tutta l’area di cava».

La soddisfazione è arrivata anche da Confindustria. «Che le nostre non erano pretese ma richieste di rispetto di diritti previsti dalla legge ne eravamo già convinti, ma ora abbiamo anche la certificazione dei giudici amministrativi. E questo ci conforta ad andare avanti nel confronto con le istituzioni, Comune e Regione in primis, per arrivare ad avere chiarezza definitiva e quindi certezze alle imprese e ai lavoratori del marmo» così il presidente degli industriali di Massa-Carrara Erich Lucchetti commenta le recenti sentenze del Tar sul merito dei ricorsi presentati nei confronti dell’applicazione della Legge Regionale 35/2015 da parte del Comune di Carrara.

«Del resto come industriali già in tempi non sospetti – ricorda Lucchetti – avevamo fatto presente alla Regione che in quella normativa c’erano aspetti che violavano i principi costituzionali di proporzionalità e ragionevolezza e che quindi avrebbero potuto produrre violazioni di diritti e di conseguenza innescare diatribe giuridiche che invece potevano essere evitate intervenendo per tempo e alla fonte. Purtroppo non siamo stati ascoltati».

«Non è un caso quindi che il Tar – spiega Lucchetti – nutra dubbi sulla legittimità costituzionale del limite generalizzato di 1.000 mc di eccedenza fissato dall’art. 21 della legge regionale toscana 35/2015, e che abbia per questo deciso di sottoporre la questione alla Corte Costituzionale. Del resto le imprese da sempre, proprio in base al principio di proporzionalità, avevano chiesto che fosse rapportato in termini percentuali alla volumetria delle singole autorizzazioni estrattive».

«Così come non è una coincidenza che – aggiunge Lucchetti – sull’interpretazione del 58 bis i giudici amministrativi abbiano accolto la nostra tesi e cioè che la sospensione doveva riguardare soltanto l’area in difformità e non l’intera cava. Il che concretamente significa che non è legittimo bloccare un’intera azienda solo per rispondere a una discrepanza, ma che, evidentemente, lo stop potrà riguardare solo quella parte specifica. Questa è una grande vittoria non solo per le imprese direttamente interessate nei ricorsi al Tar, ma per tutti gli imprenditori e per tutti i lavoratori del marmo – conclude Lucchetti – perché adesso l’interpretazione e la conseguente applicazione di quelle norme andrà ricalibrata sulla base delle decisioni dei giudici amministrativi. Decisioni di cui dovrà tener conto anche il legislatore che sta ora definendo il nuovo piano regionale cave. Così sarà possibile restituire certezza a un settore fondamentale della nostra economia. Un obiettivo che noi intendiamo perseguire anche attraverso un nuovo patto per lo sviluppo sostenibile produttivo e occupazionale da sottoscrivere con le istituzioni interessate e con i rappresentanti dei lavoratori».

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