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Cavatori in sciopero: 2500 in piazza a Carrara. Cgil e Uil: «No al ricatto, sì alle cave»

Per la prima volta anche gli industriali in piazza coi lavoratori del lapideo. Fillea e Fenealuil: «Gli attacchi a Regione e Comune non ci trovano d’accordo che e non colgono lo spirito della manifestazione»

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Circa 500 cavatori si sono ritrovati dalle 9 di stamani, lunedì, nella zona dello stadio di Carrara dove si è avviata la manifestazione nel giorno dello sciopero di 8 ore organizzato da Cgil e Uil (la Cisl non ha aderito) e indetto per «continuare a lavorare; lavorare in sicurezza; regole chiare e certe; incremento dell’occupazione; sviluppo sostenibile e qualità del lavoro». Nel corso della manifestazioni altri lavoratori e cittadini si sono uniti facendo salire il numero di partecipanti a circa 2500. La manifestazione, alla quale hanno aderito per la prima volta anche gli industriali, si chiuderà nel piazzale di San Martino. «Vogliamo ribadire – hanno affermato Leonardo Quadrelli della Fillea-Cgil e Francesco Fulignani della Fenealuil – che le motivazioni dello sciopero sono, a scanso di equivoci, esclusivamente quelle delle organizzazioni sindacali esplicitate sul volantino e condivise tra Filleacgil e Feneal Uil. Anche lo striscione che apre la manifestazione è chiaro: “Sì alle cave: serve più lavoro per tutti, più sicurezza, regole certe e più sviluppo sostenibile per il territorio”. In sintesi – proseguono – questo sciopero è uno sciopero “per” e non uno sciopero “contro”. Quindi gli attacchi a Regione e Comune, in questo momento, a cui chiederemo un tavolo, non ci trovano d’accordo che e non colgono lo spirito della manifestazione». Riportiamo di seguito l’intervento della Cgil di Massa-Carrara.

Le cave di marmo sono un bene comune non riproducibile e limitato. La Cgil ha approvato con l’ultimo Congresso Nazionale la necessità di promuovere uno sviluppo sostenibile dal punto di vista sociale ed ambientale. Nei decenni precedenti in pochi hanno realizzato extraprofitti senza che ciò si sia tradotto in nuovi investimenti in altre attività produttive che incrementassero l’occupazione e la ricchezza della città e di tutta la Provincia di Massa Carrara. I termini per l’approvazione dei Piani Attuativi dei Bacini estrattivi sono stati prorogati di un anno con scadenza al 5 giugno 2019 e l’amministrazione comunale dovrà necessariamente procedere speditamente al fine di evitare inutili contenziosi e problemi nella definizione delle modalità di lavorazione.
Inoltre, e lo segnalamo come ulteriore elemento di incertezza, ancora non è stato presentato il Nuovo Regolamento degli Agri Marmiferi da parte dell’Amministrazione Comunale di Carrara che dal nostro punto di vista dovrebbe prevedere la gara per l’affidamento delle concessioni di cava, avendo come requisito di accesso, oltre alle clausole sociali in tema di garanzia dell’occupazione e sicurezza, l’obbligo a lavorare almeno il 50% dei blocchi escavati, con il conseguente contingentamento e valorezzazione della qualità dell’escavazione, con ulteriore punteggio per l’aggiudicazione a chi si impegna a lavorare in loco percentuali maggiori e alle cave che hanno la certificazione ambientale UNI EN ISO 14001. Così come laddove esistono vincoli paesaggistici dettati dalla normativa devono essere rispettati. Riteniamo poi indispensabile in un’ottica di valorizzazione del “bene marmo” andare a creare un marchio che garantisca la tracciabilità e la qualità delle lavorazioni da effettuare nel rispetto delle regole, dell’ambiente e della sicurezza. È indubbio che per rendere esigibili gli impegni e le regole previste dai Piani di Bacino sia indispensabile un sistema di verifica della qualità e della quantità del materiale estratto. Siamo convinti quindi che la conditio sine qua non affinché sia definito un Piano di Bacino operativo è rendere possibile la tracciabilità dei blocchi, non riconoscendo l’autocertificazione come lo strumento adeguato. Quello che accade al monte non può essere scollegato da ciò che succede al piano, per questo riteniamo che la filiera corta debba essere il modello principale.
A differenza degli imprenditori seri, i padroni hanno interessi molto diversi da quelli dei lavoratori; lo dimostrano i dati relativi agli incidenti sul lavoro, legati ai ritmi di escavazione elevati e al mancato rispetto delle più elementari norme di sicurezza che il datore di lavoro ha l’obbligo di far rispettare, così come la scarsa ricaduta in termini di ricchezza redistribuita sul territorio. Le sospensioni dell’attività estrattiva imposte dall’Amministrazione Comunale sono dovute al mancato rispetto delle norme esistenti e contemporaneamente alla continua diatriba tra istituzioni che rischiano di avere ricadute solo ed esclusivamente sui lavoratori costretti a periodi di ferie forzate a fronte di responsabilità non loro. Per uscire e rompere la logica del ricatto occupazionale noi abbiamo proposto l’istituzione di un fondo finanziato dalle imprese che si sono rese responsabili delle violazioni ed eventualmente dal Comune e dalla Regione, laddove i tempi di risposta alle osservazioni avanzate dovessero eccedere il limite previsto senza dare certezze di risposta in tempi congrui.
Il nostro obiettivo è e rimane quello di garantire dal bene marmo una redistribuzione della ricchezza con ricadute più ampie per tutto il territorio è il momento di sottrarsi al ricatto padronale, approvando il nuovo Regolamento degli Agri Marmiferi con assegnazione a gara delle concessioni ad aziende capaci di garantire l’occupazione dei lavoratori, la sicurezza, la lavorazione in filiera corta dell’escavato e una durata che sia ragionevolmente commisurata al recupero degli investimenti.

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