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Sanac, sale la preoccupazione. Nuova interrogazione a Di Maio

L'ha presentata il deputato del Pd, Cosimo Ferri: «Condivido lo stato d’animo dei dipendenti che lunedì hanno indetto uno stato di agitazione perché a oggi il ministro non ha ancora dato risposte»

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«Oggi ho presentato una nuova interrogazione al ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico Luigi Di Maio per chiedere chiarezza sul futuro della Sanac». Lo fa sapere il deputato del Pd, Cosimo Ferri, che torna a parlare della vicenda dell’azienda massese legata all’Ilva. Se per l’acciaieria, infatti, la partita si è chiusa positivamente, per Sanac i giochi sono ancora aperti e ogni giorno aumenta l’incertezza dei lavoratori per il futuro di questa azienda così importante per il territorio.

«Condivido – afferma Ferri – lo stato d’animo dei dipendenti che lunedì hanno indetto uno stato di agitazione perché a oggi il ministro Di Maio non ha ancora dato risposte. Sul piatto c’è un’offerta importante da parte del gruppo Arcelor Mittal che ha già acquistato l’Ilva e la cui presenza in Sanac garantirebbe continuità aziendale e prospettive di crescita. A oggi però i lavoratori, i dipendenti e la dirigenza della Sanac non hanno ricevuto alcun tipo di aggiornamento sullo stato di avanzamento della procedura finalizzata all’acquisizione».

Allo stato attuale il Comitato di Sorveglianza per l’amministrazione straordinaria del Gruppo Ilva ha fornito il proprio parere positivo all’acquisto di Sanac da parte di Arcelor Mittal, ma, in assenza della autorizzazione alla vendita da parte del ministero dello Sviluppo Economico, non è possibile completare l’iter di finalizzazione della cessione e definire così l’acquisto. «Nulla di tutto questo è avvenuto – dice il deputato – e permane lo stato di incertezza sul destino del Sanac con pesanti ripercussioni sulla produzione e sul relativo indotto. I lavoratori aspettano, infatti, di conoscere gli sviluppi della situazione, si sentono abbandonati e chiedono maggiori certezze. Il ministro Di Maio faccia chiarezza e spieghi le ragioni di questo ritardo nel dare risposte ai lavoratori e ad una realtà produttiva che non può più permettersi di perdere altro tempo».

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