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«Serve nuova imprenditoria, civile e moderna. Ecco come ottenerla»

Legambiente va di nuovo all'attacco di Confindustria: «Questo è il banco di prova per il Comune: subito le gare e concessioni di breve durata»

«A seguito del fermo temporaneo di varie cave per diversi tipi di violazioni, si è tenuto il primo incontro col Comune, chiesto da Assindustria per superare il “clima di incertezza” e ottenere “ascolto e comprensione” da parte di Comune, Regione, Sovrintendenza, Asl, Arpat e Carabinieri Forestali. In altre parole, per chiedere loro di chiudere un occhio, di non sanzionare le cave che commettono infrazioni». Lo afferma Legambiente Carrara che prosegue il dibattito con gli industriali del marmo in seguito al blocco delle attività in alcune cave.

«Ricordiamo – dicono dall’associazione ambientalista – che i provvedimenti restrittivi hanno interessato solo cave responsabili di violazioni. Pertanto, l’unica vera incertezza è quella del diritto, dal momento che molte cave continuano a essere autorizzate nonostante le violazioni delle regole. Il confronto parte male, con le peggiori premesse: non è onesto un tavolo che non metta in chiaro come prerequisito imprescindibile la legalità. Come chiamare diversamente se non “Far West” una condotta insofferente delle regole, anche di quelle, come il 58 bis che, come dice l’assessore regionale Ceccarelli, è stato pensato per salvare dalla chiusura le cave che hanno scavato oltre i confini?».

«Ingordi e ingrati – attacca Legambiente – se si pensa che il 58 bis prevede solo una sanzione amministrativa, senza nemmeno esigere (cosa che, invece, riteniamo doverosa e indispensabile) di versare al Comune il valore di mercato di tutto il marmo estratto indebitamente, dunque rubato. Ad Assindustria non basta più fare la legge e trovare l’inganno: pretende proprio l’impunità. Tra le cave interessate vi sono Amministrazione e Canalbianco (cave Michelangelo, ndr), alle quali dovrebbe essere revocata l’autorizzazione per violazione clamorosa e continuata del Praer (estraendo ininterrottamente da 15 anni il 91% di detriti e solo il 9% di blocchi). Rispondendo a questa osservazione di Legambiente, Assindustria non contesta il dato (non potrebbe: sono dati ufficiali), ma ha l’impudenza di sostenere che tale comportamento rappresenta addirittura “un percorso virtuoso di economia circolare che costituisce il perno principale delle moderne economie” poiché gli scarti sono recuperati nella produzione del carbonato».

«Apprendiamo dalla stampa che la Regione e il Comune sembrano intenzionati a confermare l’autorizzazione alle due cave, nonostante la spropositata produzione di detriti. In tal caso, Regione e Comune abbiano almeno il coraggio e la coerenza di cancellare il divieto di aprire cave di detriti di marmo dal Regolamento degli agri marmiferi, dalla Legge Regionale 35/15 e dal Piano Regionale Cave. Stabilire delle regole e poi approvarne la violazione, infatti, rappresenta un messaggio devastante per la comunità. Le recenti vicende dimostrano che la classe imprenditoriale del settore lapideo non ha alcuna intenzione di cambiare: continua a pretendere l’impunità degli abusi e, addirittura, la loro legittimazione. Non resta pertanto che operare per un suo ricambio, liberandoci degli imprenditori senza scrupoli e favorendo il subentro di nuovi imprenditori, rispettosi della legalità (e, quindi, dell’ambiente e della sicurezza di tutti)».

«Rinnovare l’imprenditoria: gare subito e concessioni di breve durata. Il Comune possiede uno strumento efficace per attuare il ricambio dell’imprenditoria, con vantaggi per la legalità e la qualità e sicurezza dell’occupazione: introdurre nel regolamento degli agri marmiferi semplici disposizioni:
• bandire subito, alla scadenza delle concessioni, le gare pubbliche per il loro rinnovo (senza applicare le folli proroghe fino a 25 anni previste dalla L.R. 35/15);
• porre come requisito di partecipazione alla gara l’impegno a lavorare in filiera corta almeno il 50% dei blocchi e premiare chi si assume impegni maggiori;
• prevedere una breve durata delle concessioni (dieci anni) e il rimborso al concessionario uscente degli eventuali costi non ammortizzati (per macchinari e opere);
• introdurre la clausola sociale (obbligo per il concessionario subentrante di assumere i dipendenti di quello uscente);
• prevedere la decadenza della concessione in caso di violazione delle regole.
».

«Con queste misure – dice Legambiente – tutte nella disponibilità del Comune, si realizzerebbe in tempi ragionevoli una vera rivoluzione: assegnazione delle concessioni a imprenditori seri, rispettosi delle regole, consapevoli che non potranno più ricorrere al ricatto occupazionale e che, nel caso di inadempienze, saranno loro a doversene andare, ponendo fine a una anacronistica posizione di privilegio quasi a divinis, mentre i lavoratori saranno assunti dal nuovo concessionario. Per la nuova amministrazione questo è il banco di prova decisivo».