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«È un licenziamento collettivo camuffato»

Rifondazione comunista interviene a sostegno dei lavoratori del bistrot del Centro 'Mare Monti' che hanno scioperato nei giorni scorsi

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Dopo lo sciopero dei lavoratori del bistrot del Centro Mare Monti di Massa, interviene Rifondazione comunista: «La Federazione Prc Massa-Carrara – è scritto nella nota – è a sostegno delle lavoratrici e dei lavoratori del Bistrot interno al centro commerciale MareMonti che, nella mattinata di martedì, hanno incrociato le braccia unanimemente per rigettare con forza all’azienda un futuro incerto e buio. Una serrata che stride a confronto con il fastoso rinnovamento che solo un anno fa Autogrill ha scelto di attuare in questo sito che, come una cattedrale nel deserto, s’innalza in una zona e in una città dal punto di vista occupazionale ed economico sociale in ginocchio».

«Un investimento scellerato – prosegue il comunicato – in un punto vendita dove, in questi anni, neanche le aperture selvagge attuate dal centro commerciale hanno dato i frutti sperati tanto che, le stesse lavoratrici e lavoratori, avevano accettato a lungo contratti di solidarietà e spesso ferie imposte per far fronte ad una produttività sempre in rosso. La forza lavoro impiegata in quest’area ristoro è per la maggior parte formata da donne e madri, per questo il pensiero che un trasferimento a centinaia di chilometri da casa, attualmente per 10 di queste, sia un licenziamento collettivo camuffato, è pressoché automatico. Un modus operandi ormai assodato da queste grandi catene dove vengono così raggirati i Ccnl e le regole etiche imprenditoriali basilari legittimando le aziende a poter riassumere in immediato, sostituendo chi già stabilizzato con contratti a termine sicuramente più vantaggiosi e meno vincolanti».

«Come partito – conclude Rifondazione – ancora una volta ci troviamo a verificare come non esista un capitale buono e come le scelte calate dall’alto ricadano sempre e solo sulla testa delle lavoratrici e dei lavoratori ed è per noi inaccettabile che in una provincia come la nostra, attanagliata e penalizzata in maniera esponenziale dalla crisi, rinunciare ad altri posti di lavoro e che possa passare ancora una volta l’idea di monetizzare questa perdita, perché il lavoro è prima di tutto dignità personale e sociale e nn può essere ne comprato e tantomeno svenduto dai nuovi padroni».

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