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La Pontremolese? «Con l’autonomia finanziaria»

La proposta del governatore della Regione Liguria Toti

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La Liguria sogna di trattenere più del 4 o 5 per mille dell’Iva prodotta nei suoi porti e la Spezia non fa eccezione, forte dei 1.112.900 euro che al 12 dicembre ha visto versare per le merci passate dalle sue banchine durante il 2017. E’ un fronte politico che si porta appresso l’apprezzamento del mondo imprenditoriale quello aperto dal governatore Giovanni Toti con la richiesta di una maggiore autonomia finanziaria degli scali portuali, sorta di federalismo economico di eco padana ma aggiornato e cucito sul profilo della Liguria. Un fronte che ha già visto schierato nella trincea opposta il ministro dei Trasporti Graziano Delrio, che d’altra parte ha varato non senza difficoltà una riforma del settore non più di un anno fa.
Lo scambio tra i due è stato aspro nelle scorse ore, alla Spezia invece la Camera di commercio ha il merito di organizzare un convegno per cercare di capire in quale contesto una proposta del genere possa inserirsi. Al tavolo quindi si siedono accademici, imprenditori, giuristi, politici e autorità locali per un dibattito che viaggia sulla linea della pacatezza fino allo sfogo del sindaco Pierluigi Peracchini (qui l’articolo). L’esordio spetta al padrone di casa, Stefano Senese: “Il porto spezzino trasferisce tra gli 1,5 e i 2 miliardi di euro di accise e Iva al centro, sono cifre enormi. Cifre a cui corrisponde la problematicità che l’avere uno scalo in città comporta. Ecco perché parlare di trattenere maggiori risorse sul territorio non è qualcosa di assurdo. Contando poi che aspettiamo da trent’anni di avere un finanziamento per terminare la Pontremolese mentre le tasse che qui produciamo passano senza fermarsi”.

Ancora più chiaro il presidente degli spedizionieri Alessandro Laghezza, in rappresentanza della community portuale. “Il porto di Taranto è stato finanziato nel corso del 2017 con 153 milioni di euro per finanziare un progetto di espansione, ma è un porto sostanzialmente inattivo. Dobbiamo superare la costante riproposizione di una logica tipicamente italiana nel redistribuire le risorse”, attacca l’imprenditore con un classico della critica liberista. “Dai porti liguri passa il 60% del traffico container in import di tutta Italia e di conseguenza una grande percentuale delle tasse connesse – prosegue – Si potrebbe pensare di trattenere almeno il gettito in più rispetto all’anno precedente, magari considerandolo come una tassa di scopo per realizzare interventi precisi. Anche esterni al porto, proprio come la Pontremolese”.
Lo scopo sarebbe di avere le risorse per fare investimenti, ma alla sostanza deve accompagnarsi secondo gli oratorianche la libertà di decidere in quale direzione spendere quei soldi. Da qui l’idea totiana di mettere i sindaci e i governatori regionali dentro il comitato portuale e magari fare delle Autorità di sistema portuale delle società per azioni. Come sottolinea Bruno Pisano, vicepresidente di Anasped (Associazione nazionale spedizionieri doganali) e presidente di Assocad (Associazione nazionale centri di assistenza doganale), “le imposizioni dell’area centrale raramente tengono conto delle particolarità geografiche e logistiche dei nostri porti, limitando le possibilità di sviluppo. Il modello spezzino creato negli anni Novanta è stato esportato al resto della portualità, ma ricordo che era stato ideato e originato qui. E’ fondamentale che una regia regionale lavori innanzitutto ai progetti: bene le risorse che rimangono sul territorio, ma non dimentichiamoci di fare squadra”.

Il concetto di “fare squadra” è declinato in maniera puntuale da Elvio La Tassa, funzionario della Dogana spezzina. “Secondo me sarebbe sbagliato creare un meccanismo che tenga conto dell’Iva sui porti per decidere quanto trattenere nelle singole realtà. Serve un algoritmo che tenga contro dell’imposta riscossa ema anche di alcune premialità: perché non premiare la Spezia in cui un container resta in porto due giorni e mezzo con una rotazione velocissima – sottolinea – L’inefficenza di un singolo snodo crea inefficenza di tutto il sistema. Se la Dogana allunga il tempi dei propri controlli crea problemi al terminalista, è facile capirlo”.
Regia regionale per competere sul piano globale. A offrire un quadro di come sia ancora una volta la Cina il competitor con cui fare i conti è il professor Roberto Zucchetti, docente di economia dei trasporti alla Bocconi: “La dimensione è un elemento imprescindibile, l’autonomia va bene ma deve essere un modo per fare accordi. La Cina porta avanti una politica di accordi bilaterali, furbescamente, con i singoli stati europei. Ma noi solo come Europa potremo dialogare da pari con un gigante di quel tipo”. Sull’entrata degli enti locali nei porti, l’economista esprime invece perplessità. “Il rapporto tra porti e comunità locali è fondamentale, ma guai se questo viene controllato dalla comunità locale. Gli studi dimostrano che quando il pubblico entra si abbassano le performance. Sfatiamo un mito: i finanziamenti oggi non sono un problema finché continua l’effetto del quantitative easing; servono però i progetti, ben fatti, delle istituzioni locali”.

Ci pensa la consigliera leghista Stefania Pucciarelli a offrire il legame con i temi politici. “Un’inezia di quanto versato in questo posto rimane sul territorio, ma il tempo è maturo per chiedere maggiore autonomia proprio come fatto da Lombardia e Veneto. Trattenere maggiori risorse per consolidare i bilanci e ottenere fondi da usare anche in altri campi, anche la sanità per esempio. Per questo pensiamo a un referendum sulla scorta di quanto fatto in queste regioni”.
La chiosa spetta all’assessore regionale Edoardo Rixi: “Il rapporto tra territorio e porto sarà sempre più difficili da gestire. L’aumento dei container nel porto spezzino e altri fattori hanno creato un disagio nell’accesso dei camion, qualcosa che rischia di far esplodere nuovamente la conflittualità, qualcosa che ha bloccato lo sviluppo dei nostri scali in passato – sottolinea – Le due autorità portuali liguri sono le Ferrari delle autorità portuali italiane, ma senza autonomia finanziaria non vengono gestite come auto da corsa. La nostra non è una richiesta di chiusura o campanilismo, ma la ricerca della possibilità di presentarsi con strumetni maggiori a servizio del Paese”.

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