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«La bellezza salverà il mondo». Mancuso incanta Con-Vivere

“Educare alla bellezza”: questo avrebbe dovuto essere il titolo della conferenza di Vito Mancuso, teologo, docente universitario e collaboratore di “Repubblica” prevista per Giovedì 5 settembre, la serata inaugurale del festival “Con_Vivere”. Invece il filosofo, che ha incantato una platea foltissima, ha scelto di parlare di un’altra cosa: educare “tramite” la bellezza. “Io credo che la bellezza s’imponga da sé, a differenza della giustizia – ha spiegato – ci affascina, ci prende, ci rapisce. Certo, è necessario anche educare alla bellezza: far ascoltare Bach ai nostri ragazzi, mostrar loro un quadro, è importante. Lo è tuttavia di più raggiungere il trascendente attraverso la bellezza: è quanto ci consente di accedere alla dimensione dell’eternità.” Mancuso stato docente di Teologia moderna e contemporanea presso la Facoltà di Filosofia dell’Università San Raffaele di Milano dal 2004 al 2011; dal 2013 al 2014 è stato docente di “Storia delle dottrine Teologiche” presso l’Università degli Studi di Padova; dal 2009 al 2017 ha collaborato con il quotidiano “La Repubblica”, dal dicembre 2018 collabora con “Il Foglio”. “La parola estetica proviene dal greco aisthesis – ha proseguito Mancuso – che significa sensazione. Quella della bellezza è dunque in primo luogo un’esperienza passiva, di timore e tremore. Un’esperienza che rapisce e non può non cambiarci. Ne “L’idiota” di Dostoevskij, Hyppolite si rivolge al principe Miškin, dicendogli “Avete detto che la bellezza salverà il mondo; ma quale bellezza salverà il mondo?”, gli chiede quasi schernendolo. Ecco: io non sono sicuro che la bellezza possa salvare il mondo. Di certo salva il mio mondo. Salva il nostro mondo interiore, la nostra anima. Bellezza, secondo il Fedro platonico, è lo splendore del vero: cioè lo splendore della vita vera, della vita autentica. Un’esperienza estetica degna, come l’ascolto della musica, ci ripulisce. Educarci alla bellezza significa salvarci, trarci fuori dal gorgo della bruttezza e dell’inautenticità quotidiana. Quando Simone Weil s’interrogava sul perché siamo al mondo, si rispondeva: siamo qui per fare esperienza di bellezza.” Mancuso s’interroga su cosa sia l’essere umano: “Per Plauto l’uomo era una bestia, homo homini lupus; per Cecilio Stazio, commediografo romano vissuto a cavallo tra il III e il II secolo avanti Cristo, l’uomo era addirittura un dio per il suo prossimo. Chi ha ragione? Io credo entrambi. Io nedarei una definizione operativa: l’uomo è un essere capace di migliorare. L’uomo può essere qualcosa di straordinario.”