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Il racconto di chi era in barca all’arrivo della tempesta: «Mai vista una cosa così»

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LA SPEZIA – “Una cosa simile l’avevo vista alle Maldive: una tempesta tropicale di 15/20 minuti in cui era venuto giù di tutto per poi lasciare spazio a sole e mare calmo. Ma nell’Oceano Indiano me lo posso anche aspettare, nel Mediterraneo, a 300 metri dalla costa no…”. Cesare Scattina da anni porta i turisti in barca lungo la costa delle Cinque Terre. Centinaia, migliaia di escursioni a bordo del gozzo Paulina: ma quello che ha vissuto mercoledì pomeriggio insieme a una famiglia di francesi non lo dimenticherà facilmente. Il primo fronte del maltempo è arrivato dal mare ed è stato solamente il prologo di quello che sarebbe accaduto nella mattinata di oggi, con raffiche vicine ai 150 chilometri orari e danni sparsi in tutta la provincia.

Il cielo era coperto, il mare una tavola e le previsioni davano vento e poca pioggia dopo le 19. “Dal mattino sino a metà pomeriggio è stata una giornata del tutto normale. E alle 17 eravamo in molti in mare, compresi diportisti e traghetti, e il peggioramento atteso non era certo come quello che poi si è verificato: nessun sito, nessun portale prevedeva qualcosa del genere. Anche la Capitaneria di porto non poteva mettere in preallarme, come dice qualcuno, perché quelle condizioni erano inattese”.

Scattina ha raccontato in maniera coinvolgente e toccante quello che è accaduto in un post sul suo profilo Facebook e ben si comprendono il susseguirsi degli eventi, la preoccupazione per il degenerare degli eventi e l’insegnamento che ne scaturisce. “Mercoledì il mare ha alzato la voce all’improvviso e ancora una volta ci ha dato una lezione da tenere a mente: quando sei in mare la cosa più importante è avere la barca a posto, il motore, la strumentazione e tutto il resto deve essere impeccabile altrimenti anche se sei a poche centinaia di metri dalla costa non è detto che torni in porto. La professionalità prima di tutto”. Sì, perché secondo il 40enne spezzino, “non bisogna essere dei lupi di mare per uscire da una bufera del genere. Servono buonsenso, un po’ di freddezza e la barca completamente efficiente. Perché è la barca che ti riporta a terra, non sei tu”.

“Una volta effettuato il giro di boa davanti a Riomaggiore – scrive Scattina su Facebook – volgo la prua della Paulina al Mesco e non lo vedo…
Avviso i clienti che rientrando a Vernazza sicuramente andremo a prenderci una bella ramata d’acqua e un po’ di vento quindi chiedo se vogliono magari sbarcare in un altro paese ma mi rispondono che non c’è problema e che preferiscono tornare a Vernazza (sono carichi, sportivi e alla mano, a me i francesi piacciono) quindi proseguiamo.
Sotto Manarola la situazione comincia a farsi brutta ma comunque gestibile: la pioggia arriva e cade pesante senza sosta sul ponte lucido della Paulina, il vento inizia a sferzarci con raffiche improvvise e potenti, il mare si gonfia e da fuori in lontananza comincio a vedere treni di creste bianche che scendono verso la costa.
Procediamo verso Corniglia, non vedo il Mesco, non vedo Vernazza, le onde a prua sono sempre più grosse e irregolari, corte, difficili da prevedere e risalire. La pioggia non molla e il vento rafforza e rende difficile la navigazione.
Ad un certo punto vedo un muro nero avanzare verso di noi ero a poche centinaia di metri da Corniglia ma ora non la vedo più, in realtà non vedo niente solo la perneccia della Paulina che sale altissima ad ogni onda che prendiamo per poi ripiombare fragorosamente giù.
Accendo le luci di via e la luce alta a 360, non vedo niente intorno a me nel raggio di 10 mt e ho paura che nessuno mi veda in mezzo al mare, stiamo procedendo alla cieca senza punti di riferimento.
La famiglia francese è tutta rannicchiata sotto gli asciugamani fradici e ogni tanto il papà mi guarda forse per leggere nei miei occhi la gravità del momento. Io con vento e pioggia contrari non riesco a tenerli aperti per più di tre secondi.
Il bambino piange la mamma strilla e io che urlando per farmi sentire con mio francese spavaldo provo a rassicurarli ma senza esito.
Mi decido a dare gas per provare a uscire da quell’inferno di vento e mare grosso che entra cattivo e schiuma da ogni direzione adesso.
I primi tre colpi di mare sono poderosi e la Paulina incassa con qualche scricchiolio; la luce alta a 360 si stacca e comincia a penzolare nel vuoto manco fosse un lanternino su un vascello di un’altra epoca. Adesso è brutta per davvero, le onde sono veramente grosse e arrivano da diverse direzioni, la pioggia ci bombarda incessantemente e il vento ha una forza terrificante, siamo nel mezzo della tempesta: intorno a noi tutto nero, non vedo niente, non ho più la luce a 360 e le luci di via basse in mezzo ad un mare così mosso nessuno riuscirebbe a vederle. Non vedo e non posso essere visto e questo mi fa paura. Non so neanche se sono al largo sulle rotte dei traghetti o sotto costa col rischio di finire su qualche secca, non posso navigare in questo modo, non posso prendermi rischi.
Guardo il papà e gli dico che così non posso proseguire, possiamo solo avere pazienza e aspettare che il vento molli un po’ e poi riprendere la nostra rotta verso Vernazza.
Stanco di prendere schiaffi dal mare e dal vento viro con qualche brivido perché in manovra un’onda ci prende di costa e ci entra in barca con un rumore fragoroso e spaventoso ma almeno messa la poppa al vento posso tornare ad aprire gli occhi per più di tre secondi di fila.
La strategia adesso e di farla sfuriare sperando che molli presto invece di farsi sotto a muso duro inutile visto che per ogni metro guadagnato il mare e il vento ci respingevano inesorabilmente indietro di dieci.
Tutti zuppi fradici iniziamo anche ad avere freddo, i bimbi tremano e anche la mamma e io mi sento impotente: riesco solo a dirgli che dobbiamo avere pazienza ed aspettare che si calmi per poi rientrare a Vernazza. In dodici anni mai vista una cosa così, così repentina, così forte così rabbiosa, un mare e un vento surreali che ci hanno soverchiato e impaurito per una mezz’ora buona senza che potessimo fare nulla.
Poi finalmente uno spiraglio di luce e quando il muro nero inizia a dissolversi ci ritroviamo quasi davanti a Manarola con il mare e il vento dunque che ci hanno spinto incessantemente da Corniglia a Manarola senza che neppure ce ne fossimo accorti.
Finalmente posso guardare il papà e dirgli che è finita che si volge la prua al Mesco e che si rientra a Vernazza.
Mentre procediamo sulla via del ritorno accarezzo la Paulina e dentro di me le parlo dicendole che è una grande barca, che è bellissima e che il suo primo capitano, Angelo, l’ha addestrata bene e che ero sicuro che ci avrebbe riportato in porto.
Così la Paulina procede fiera e baldanzosa tra le onde e gli spruzzi che ormai però non ci fanno più paura”.

Il bel racconto di Scattina termina con il lieto fine, ma in più punti traspaiono la complessità della situazione e il senso di responsabilità per la presenza di una famiglia intera a bordo. E a causarli non sono state superficialità o imprudenza, ma la potenza e la velocità con la quale gli elementi si sono rovesciati sul tratto di mare e di costa compreso tra il Mesco e Riomaggiore. “Le burrascate di fine stagione ci stanno, anche se siamo ancora ad agosto, ma questo è stato un evento estremamente intenso e localizzato. C’è un altro aspetto che è cambiato rapidamente negli ultimi giorni: la temperatura dell’acqua. Una settimana fa era intorno ai 30 gradi,  (ieri, ndr) è almeno 4 o 5 gradi inferiore”, spiega Scattina.

Il clima sta cambiando e ancora una volta i problemi si sono registrati anche in mare, nonostante questa volta non si potesse parlare di un evento inatteso. Un’imbarcazione in difficoltà è stata soccorsa dalla Capitaneria di porto di fronte a Riomaggiore, mentre una barca che ha rotto gli ormeggi a Framura è stata recuperata all’altezza di Manarola: oltre 10 miglia più in là. Numerosi, inoltre i danni agli stabilimenti balneari, soprattutto sulla costa delle Cinque Terre, nel Canale di Porto Venere e nel litorale di Bocca di Magra e Marinella.

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