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Tra gli arrestati un ‘ndraghetista pluriomicida e un assenteista della Provincia foto

Mafia all'ombra delle Apuane, il pm Manotti: «È il riscontro della tesi della presenza di attività mafiose a Massa-Carrara». La banda era riuscita a estorcere 100mila euro a un direttore di banca

Tra gli arrestati dell’operazione antimafia chiamata “Drago” c’è anche uno dei dipendenti della Provincia di Massa-Carrara, già coinvolto nell’inchiesta sugli assenteisti. Una piccola nota questa rispetto alle dimensioni dell’indagine andata avanti per oltre un anno e che ha portato all’arresto di sette persone (altre otto sono indagate in stato di libertà), tre delle quali sono risultate legate a clan camorristici e della ‘ndragheta. Il capobanda, residente a Massa dal 2010, sarebbe appartenente alla cosca Cerra-Giamp-Torcasio di Lamezia Terme con precedenti penali e condanne per associazione mafiosa, due omicidi ed estorsione.

Da sinistra il capitano Rosati, il colonnello Marchi, il pm Manotti e il procuratore capo Cozzi

L’operazione è stata condotta dai carabinieri di Massa-Carrara, 60 i militari impegnati, e coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia e antitettorismo di Genova col sostituto procuratore Federico Manotti, già pubblico ministero della Procura di Massa-Carrara. I risultati dell’inchiesta sono stati presentati al Tribunale di Genova da quest’ultimo e dal procuratore della Repubblica Francesco Cozzi e del sostituto, insieme al comandante dei carabinieri Massimo Rosati, al comandante del nucleo investigativo di Massa Tiziano Marchi e al sostituto procuratore di Massa, Alessia Iacopini.

Tutto è partito nel 2017, a seguito di una tentata estorsione, dalla denuncia di un imprenditore apuano con attività in settori che vanno da quello balneare a quello della ristorazione e delle auto usate. L’imprenditore, dopo aver acquistato all’asta un’abitazione, è stato avvicinato dagli ex-proprietari che volevano tornarne in possesso alle condizioni loro più favorevoli. A seguito del diniego dell’acquirente, gli ex-proprietari si sono rivolti ad alcuni membri della banda che, a loro volta, hanno attivato l’intervento di parenti e amici dell’area campana. In particolare uno di loro, membro della cosca di Acerra (Napoli), arrivato a Massa ha incontrato l’imprenditore e ha tentato di convincerlo con metodi minacciosi e intimidatori a rivendere l’abitazione ai precedenti proprietari. A quel punto l’imprenditore si è rivolto alle forze dell’ordine.

«Abbiamo avviato le indagini – ha raccontato il colonnello Marchi – e da lì ci si è aperto davanti uno scenario inquietante: un gruppo che agiva con metodi mafiosi era già attivo da tempo nel territorio di Massa-Carrara. E di attività simili ne avevano già state portate a termine diverse ed erano già attivi nel settore dei finanziamenti-truffa».

Dalle indagini è infatti emerso che la banda criminale aveva organizzato diverse truffe coinvolgendo il direttore di una filiale di Massa del Monte dei Paschi il quale permetteva di accedere a piccoli finanziamenti alle persone che gli presentavano gli indagati. Per ottenere i prestiti quindi venivano creati dei documenti falsi coi quali aggiravano l’obbligo di restituire il denaro alla banca. Da collaboratore, però, il direttore si è trasformato in vittima: infatti il gruppo criminale gli aveva fatto credere che i beneficiari dei finanziamenti l’avrebbero denunciato per truffa e, per evitare che parlassero, doveva pagarli. Cosa avvenuta: per un anno il bancario ha sborsato circa 100mila euro. «Da una collaborazione si è quindi trovato a subire continue estorsioni – ha spiegato Marchi – dietro il timore di rimetterci da un punto di vista professionale e personale».

«Siamo le uniche persone al mondo che riescono a fare un prestito, senza farlo, e poi farcelo restituire, ah, ah, ah. Siamo devastanti…» dicevano nelle loro conversazioni intercettate dai carabinieri.

In un anno, hanno sottolineato gli inquirenti, la banda aveva attivato un giro d’affari di oltre 400mila euro. «Queste persone sapevano quello che facevano – ha detto il comandante Rosati – e non escludevano tra le loro attività le minacce e le intimidazioni fisiche».

«Si tratta di una delle prime operazioni che dimostrano come a Massa-Carrara vi siano infiltrazioni di persone provenienti da zone ad alta densità mafiosa» ha affermato il procuratore Cozzi. «È il riscontro della tesi della presenza di attività mafiose a Massa-Carrara – gli ha fatto eco Manotti – Questa indagine dimostra il tentativo di infiltrazione di organizzazioni criminali nella provincia apuana». «Questi soggetti – ha aggiunto la pm Iacopini – riuscivano a trasmettere la percezione di avere un grosso potere sulle persone».

Tra le vittime del sodalizio criminale anche altri imprenditori e commercianti. Uno di questi era stato costretto a versare 7mila euro per un finanziamento ottenuto. Per “convincerlo” si erano impossessati dello scooter fino al pagamento del dovuto.

Le indagini degli inquirenti proseguono perché potrebbero emergere a carico della banda anche crimini legati all’usura.

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