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A Villa Schiff “I colori del ricordo” la mostra d’arte di Sergio Rossi

MONTIGNOSO – Sfondo blu con le note del mare e colori accesi, luminosi, e ancora, volti rudi, scavati con il sole e la luna che accompagnano il quadro ricordando lo scorrere del tempo. Sono questi i tratti distintiti di Sergio Rossi artista massese, classe 1953, in mostra a Villa Schiff dal 16 al 30 luglio 2022 con l’evento “I colori del ricordo”.

«Nei miei quadri – spiega Rossi – i ricordi, l’immaginazione, la fantasia, si fondono fra di loro creando un’esplosione di colori. Il critico d’arte Daniele Terzoni e’ riuscito pienamente ad interpretare ciò che esprimo nei miei dipinti usando due termini che mi hanno particolarmente colpito: il primo è “horror vacui”, terrore del vuoto e nell’arte indica l’atto di riempire completamente l’intera superficie del quadro con particolari finemente dettagliati. Il secondo “onirico” ovvero una rappresentazione fantastica, immaginifica, sognante, irreale, visionaria. In effetti i miei quadri nascono dal mio vissuto e dai racconti fantastici della mia infanzia che io ho trasportato nelle tele rendendoli visibili a tutti e, come mi ripeteva mio babbo Carlo, scultore massese, “l’arte non riproduce ciò che è visibile ma rende visibile ciò che non si vede”».

«Con questa mostra confermiamo tutta la volontà dell’amministrazione di supportare l’arte come momento di condivisione e crescita per una comunità – spiega la consigliere Eleonora Petracci – ringrazio Rossi per aver voluto esporre qui in Villa le sue opere e spero che sia la prima di una serie di eventi da poter organizzare insieme. Villa Schiff è una scenografia naturale per l’arte, una cornice che si adatta e che esalta tutta la carica emotiva che un’opera porta con sé, diffondendola tra gli osservatori e tra il pubblico».

Ma chi è il mago? «Il soggetto con il cilindro è un prestigiatore anzi è il prestigiatore Carlo Rossi, mio babbo, il cui nome d’arte era mago Issor. Mio babbo mi raccontava fin da bambino sempre la storia del mago Baku che viveva in un rudere sul monte di Pasta ed io nella fantasia lo immaginavo come un luogo magico e misterioso. Da adulto ho voluto approfondire se veramente il mago Baku fosse esistito ed ho scoperto che era un famoso prestigiatore fiorentino degli anni 60, il suo nome era Carlo Banchi e proveniva da una famiglia aristocratica vissuta nel periodo della rivoluzione francese tanto che lo stesso Bianchi si definiva un nobiluomo di sinistra. Quindi il mago Issor e il mago Baku hanno le loro origini nella mia infanzia e si fondono tra di loro in un unico nome, quello che adesso mi appartiene: Issor Baku» conclude Rossi.

«Ogni forma d’arte è l’atto di esprimere se stessi in quella forma – afferma il critico d’arte Daniele Terzoni – Sergio Rossi racconta così le sue storie, che fanno tesoro del suo mondo più vicino e immediatamente rappresentato, di una realtà artistica che si intuisce assorbita e metabolizzata in forma specifica e particolare. Rossi sviluppa la sua opera pittorica inserendosi in quell’alveo immaginario, tra echi di un espressionismo tosco romagnolo e il racconto onirico e immaginifico di altri eredi di Mino Maccari. Appartiene a una corrente importante della pittura contemporanea che ammiriamo e frequentiamo. Gioco, fiaba, storia si mescolano in luoghi, riconoscibili o fantastici, che evocano infanzia, mondo magico, radici lontane; si intrecciano nei volti iconici, nei personaggi magici; si materializzano in spazi che sfuggono alle categorie note, che si aprono su orizzonti che appartengono all’interiorità e al sogno. Il colore, i dettagli, i materiali danno corpo e concretezza al mondo visionario del Mago Baku; le parole che accompagnano le storie, spesso in dialetto, avvicinano e offrono una chiave di lettura, e testimoniano la vicinanza del mondo immaginifico con la realtà viva e vitale da cui questo mondo nasce, lasciando intuire l’attività di attore dialettale dell’autore».