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«Perché diciamo “no” al biodigestore al Cermec e quali sono le alternative»

L'intervento della Rete delle associazioni e dei comitati contrari a questi impianti dopo l'incontro del Rotary Club

MASSA-CARRARA – «Non eravamo presenti al dibattito, organizzato nei giorni scorsi dal Rotary Club a Marina di Massa, cioè a quello che è stato definito “un lungo viaggio nel mondo dei rifiuti” e che è approdato, si legge, ad una discussione sul progetto del Cermec di Massa riguardante il biodigestore anaerobico per la produzione di biogas-biometano da immettere nella rete nazionale». Inizia così l’intervento della Rete delle associazioni e dei comitati contrari ai biodigestori. Le associazioni ambientaliste erano intervenute più volte nelle settimane e mesi scorsi contro il progetto di realizzare un bidigestore al Cermec.

«Poiché sono state chiamate in causa anche le 17 associazioni e comitati che hanno espresso una posizione contraria alla installazione di questo impianto, ben volentieri ci teniamo ad esporla. Il nostro convincimento, una volta appresa la notizia dai quotidiani che si voleva installare un biodigestore a Massa, nasce da un percorso di approfondimento in materia che ha visto un primo confronto con comitati di cittadini di varie realtà italiane residenti in prossimità di biodigestori. La narrazione che ne è scaturita non è stata affatto rassicurante: odori nauseabondi che costringono gli abitanti a tenere le finestre chiuse o a non poter uscire nei propri giardini, forti rumori, scoppi, continui bruciori agli occhi o nausea ecc».

«Memori di un passato di convivenza molto difficile con gli impianti industriali, di cui ancor oggi scontiamo le conseguenze, abbiamo presentato richiesta di accesso agli atti alla Regione Toscana ed al Cermec e con questi documenti ci siamo confrontati con esperti del settore. A seguito dell’esito del confronto, abbiamo deciso, lo scorso 20 marzo, insieme ad una trentina di associazioni e comitati, anche di varie parti d’Italia, di promuovere a Carrara un seminario pubblico in presenza e on line, necessario perché nessuna delle istituzioni competenti aveva provveduto ad informare la cittadinanza. A quel punto ci voleva un esperto illustre sui biodigestori, e abbiamo invitato il professor Gianni Tamino, già professore di Biologia dell’Università di Padova e membro del Comitato Tecnico Scientifico Nazionale dei Medici per l’Ambiente, che ha espresso la posizione scientifica dell’Isde sui biodigestori anaerobici (l’Isde è un’associazione che ha al proprio interno centinaia di esperti in varie discipline). Per gli aspetti giuridici abbiamo invitato il giurista ambientale Marco Grondacci che ha esperienza di cause ambientali in varie parti d’Italia».

«Di questa iniziativa, abbiamo pubblicato gli atti che possono essere consultati a questo link. Si riportano di seguito alcuni elementi problematici più salienti: – il Biogas anaerobico contiene acqua e sostanze inquinanti che, se liberate nell’ambiente producono una miscela tossica di acido solfidrico ed ammoniaca, la quale contribuisce all’aumento di polveri sottili (cancerogene) e silossani, alcuni dei quali, secondo l’Agenzia Europea per le sostanze chimiche, sono sostanze persistenti, bioaccumulabili e tossiche, per giunta, in un territorio già fortemente contaminato da sostanze chimiche (Sin-Sir) dove l’indice di mortalità per tumore è il più alto della Toscana; – questi processi produttivi non stanno in piedi, se non sono sostenuti da finanziamenti pubblici che pagherebbero poi i cittadini in bolletta; – la produzione di biometano, nel suo complesso, contrariamente a quanto si tenta di inculcare nell’opinione pubblica, non è né economica (perché consuma energia) né pulita perché inquina in diversi modi (ed è clima alterante); – i biodigestori anaerobici creano forti cattivi odori e rumori, consumano acqua, aumentano il traffico dei veicoli in quanto provengono da tutta la zona di costa (ATO 1). -la produzione di compost di un impianto di digestione anaerobica + compostaggio, è la metà di quella di un impianto di solo compostaggio, non è quindi economico».

«Alla luce dei risultati del seminario e degli approfondimenti che ne sono seguiti – prosegue la rete di associazioni – a fine marzo abbiamo scritto alla Regione Toscana per richiedere un percorso partecipativo nella forma di inchiesta pubblica, con un contraddittorio, promosso volontariamente dalla Regione e dagli altri enti competenti. La Regione ha deciso di non procedere con la Valutazione di Impatto Ambientale (Via), ma solamente con una modifica dell’autorizzazione Aia attualmente vigente al Cermec, una scelta che riduce fortemente la partecipazione, limitandola alle semplici osservazioni. A conclusione di questo nostro breve intervento, nel rispondere al presidente del Rotary Club Paolo Cellai, il quale dichiara al quotidiano che “siamo molto indietro sulla gestione dei rifiuti nel nostro territorio. Bisogna sensibilizzare i cittadini sul tema, far capire che possono essere una risorsa se ben gestiti ed essere capaci di far sacrifici se necessario”, diciamo che è fondamentale implementare la raccolta differenziata spinta, un compostaggio aerobico, con impianti di piccole dimensioni e di comunità che non superino le 20.000 t/anno. L’impegno, tutte e tutti quanti, lo dobbiamo mettere nel trovare soluzioni adatte al territorio e non a ‘raccattare’ rifiuti provenienti da tutta la Toscana, come vorrebbe fare l’amministratore unico di Cermec Lorenzo Porzano per il rifiuto 19.12.12., perché questo non farebbe altro che aggiungere nuovi problemi a quelli non ancora risolti».

«Il catasto nazionale rifiuti rileva che la Toscana è la seconda regione d’Italia, dopo l’Emilia Romagna, che produce più rifiuti con 598 kg/ab. E con il biodigestore i rifiuti aumenteranno ulteriormente. Anche i costi appaiono tra i più alti: 255,98 euro/kg e 42,87 euro/ab contro la metà del Trentino Alto Adige. E con il biodigestore aumenteranno ulteriormente. E ancora la Toscana con una raccolta differenziata ferma al 64,13%, e Massa-Carrara al 58,77%non arriva neppure alla percentuale minima del 65% che si doveva raggiungere nel 2021. Perché serve il biodigestore? Per quadrare i conti economici. Il Cermec è in concordato preventivo. Il biodigestore serve per consentire la continuità aziendale. I dipendenti continuano a diminuire e quelli che lavorano fanno sempre più straordinari. I sindacati pare non siano pervenuti. Et voilà, la produttività aumenta. Il biodigestore è unicamente uno strumento speculativo. Nessun beneficio per il territorio. Il nuovo Piano dell’Economia Circolare e delle Bonifiche (Prec) di recente approvato dal Consiglio regionale prevede l’incremento del riciclo effettivo di materia. I biodigestori non possono essere coerenti con questa volontà politica perché non sono considerati impianti di recupero, tanto è che sono stati esclusi dalla missione del Pnrr».