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«I commissari Sanac aspettano il via libera dal ministero per mettera a bando l’intera azienda» foto

Il consigliere di Giani: «Temo non si possa nazionalizzare del resto se la nazionalizzazione è quella che abbiamo visto a Taranto qualche dubbio viene. Però è possibile e deve essere fatto un intervento pubblico più deciso nei confronti di Acciaierie Italia». USB e lavoratori: «Sanac deve ricominciare a lavorare»

MASSA – “E’ un tavolo che abbiamo voluto per capire cosa sta succedendo, abbiamo bisogno di informazioni per sapere cosa succede e cosa sia questa incertezza in cui l’azienda è stata fatta precipitare. Siamo qui per fare la nostra parte e chiediamo che il governo faccia la sua. Vogliamo chiedere conto ai commissari e vogliamo condivisione con i sindacati, per questo abbiamo voluto il tavolo regionale con commissari e sindacati qua sul posto” preannuncia prima di entrare in fabbrica per l’incontro Valerio Fabiani, consigliere di Eugenio Giani per lavoro e crisi aziendali. A discutere con la Regione del futuro dell’azienda e dei quattro stabilimenti – oltre a Massa anche Sardegna, Vado Ligure e Gattinara ( tutte le sedi di Sanac ndr)– i commissari, le Rsu e sigle sindacali.
“Abbiamo convocato il tavolo regionale per avere chiarimenti e per riferire ai lavoratori qui riuniti – spiega il consigliere – Pur rimanendo la situazione di emergenza, siamo stati informati di miglioramento della condizione economica e finanziaria dell’azienda e in particolare dello stabilimento di Massa, dove già c’è stata una diversificazione delle commesse che sarà ulteriormente intensificata”.  Il consigliere ha espresso i suoi dubbi circa la possibilità della nazionalizzazione: “Temo non si possa fare – ha detto – del resto se la nazionalizzazione è quella che abbiamo visto a Taranto qualche dubbio viene. Però è possibile e deve essere fatto un intervento pubblico più deciso nei confronti di Acciaierie Italia. Qua si assiste a un’azienda partecipata che rischia di penalizzare un’azienda italiana: sembra una scelta più che un incidente di percorso. Dobbiamo capire a che punto siano le garanzie per i lavoratori”.
La società, come sappiamo, al momento si trova in amministrazione straordinaria controllata dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy e dopo tre bandi di vendita andati deserti pesa sempre di più la situazione complessiva dell’azienda che, sanati quasi completamente i crediti che vantava da Acciaierie d’Italia, continua però a non ricevere commesse da Taranto. Di qui l’appello che Fabiani rivolge al governo per “una politica industriale più decisa nell’ambito della siderurgia e per un intervento rapido e a tutela di tutti”. “Domani a Roma la struttura commissariale incontrerà i sindacati e dirà quello che oggi è stato anticipato a Massa, ovvero che si attende il via libera dal Ministero per il bando che comprende la possibilità di vendere l’intera azienda, con tutti e quattro gli stabilimenti, o anche uno o più separatamente”.

Questo è il documento che hanno portato al tavolo i lavoratori di Sanac assieme a Unione Sindacale di Base in cui sostanzialmente reclamano che lo stabilimento di Taranto torni a ordinare commesse alla Sanac:

“Come lavoratori e lavoratrici dello stabilimento Sanac di Massa crediamo sia opportuno mettere a conoscenza dei Commissari straordinari, delle Istituzioni tutte e delle forze politiche quello che è il nostro punto di vista sulla vertenza e quelle che potrebbero nel breve e nel lungo periodo essere le risposte e le azioni da mettere in atto per la sua risoluzione. E’ evidente che dopo lo scorporo di Sanac da Acciaierie d’Italia e ancor più dopo la mancata acquisizione della stessa da parte dello stabilimento di Taranto, si sia innescato un cortocircuito difficilmente comprensibile che ha determinato nell’immediato lamancata aggiudicazione di Sanac nelle due gare successive e, a partire dal maggio 2021, lasospensione degli ordinativi. Tutto ciò ha determinato una perdita di circa il 60% del volume di affari, oggi in minima parte recuperato, e un ricorso massiccio allo strumento della cassa integrazione che, seppur compensato dall’utilizzo dello smaltimento ferie epermessi residui, ammonta ad una percentuale che complessivamente per quanto riguarda i 4 siti è stimabile abbondantemente al di sopra del 50%. A peggiorare una situazione già complessa dal punto di vista commerciale è intervenuta la scelta di Acciaierie Italia di interrompere i pagamenti delle forniture di Sanac, ad oggi parzialmente recuperata dalla scadenza dei decreti ingiuntivi, gettando di fatto l’azienda in una situazione complicata anche dal punto di vista finanziario. La cassa contabile, dopo il pagamento dei 9 milioni di euro avvenuto nel mese di gennaio 2023 e alla luce delle perdite stimate in circa 5 milioni di euro all’anno,concede, per la gestione degli impianti, un orizzonte temporale limitato e pericoloso rispettoalla tenuta complessiva del gruppo. Sappiamo bene, perché conosciamo e viviamo l’azienda, perché conosciamo la qualità del nostro lavoro e del materiale che produciamo rispetto alla concorrenza, che Sanac potrebbe tornare rapidamente ai livelli pre-crisi con ilripristino degli ordini di refrattari da parte di Acciaierie d’Italia. Tuttavia, sappiamo altrettanto che dietro questa scelta, diversamente da quando sostiene l’AD di AI LuciaMorselli, non vi siano problemi legati alla tenuta finanziaria, economica e produttive del gruppo Sanac e il un mancato rispetto degli standard previsti per i fornitori, ma una strategiastrumentale a condizionare, per il tramite della vertenza Sanac, la risoluzione della vicenda ILVA. Domandiamo a tal proposito se la richiesta di refrattari a Sanac durante i mesi della pandemia e la richiesta formale di essere inseriti all’interno dei codici ATECO per continuare la produzione potesse in quel periodo derogare al tanto oggi stringente codice dei fornitori sventolato dalla Signora Morselli. Ci chiediamo pertanto come, a fronte dei finanziamenti a pioggia piovuti su Taranto, i governi, di qualsiasi orientamento politico, non siano riusciti a condizionare e a vincolare tali sostegni al mantenimento di tutta la filiera dell’acciaio italiana di cui Sanac è, è stata e dovrà essere parte integrante. Sappiamo bene di essere un piccolo ingranaggio di una macchina terribilmente più complessa, ma siamo a conoscenza altresì che distruggere la filiera significa distruggere lentamente la produzione di acciaio all’interno di uno dei paesi più industrializzati del mondo. Dopo la conclusione della terza gara ed il venir meno dell’interesse dei due soggetti, RHI e Dalmia, rispetto all’acquisizione del gruppo, la situazione di Sanac e dei circa 300 lavoratori si è decisamente ed ulteriormente complicata. Non conosciamo, né tanto meno sappiamo, quelle che saranno le scelte future dei Commissari e del Mimit, ma nell’immediato siamo convinti che per il mantenimento in vita degli impianti e dei posti di lavoro serva, attraverso un coinvolgimento delle forze politiche territoriali, regionali e nazionali, vincolare AI, alla luce dei finanziamenti ottenuti dallo stato italiano, alla ripresa degli ordini nei confronti di Sanac e al pagamento del debito. Ci siamo poi domandati se questa possa essere l’unica soluzione e ci siamo convinti che senza scelte di altra natura l’orizzonte temporale di Sanac sia di breve respiro. I macchinari, così come le strutture sono obsolete e pensiamo non siano più sufficienti gli interventi di ripristino utili esclusivamente a garantire gli standard minimi di sicurezza. Necessitiamo di un ufficio tecnico e di un intervento importante di efficientamento degli impianti. Sappiamo bene quelli che sono i vincoli della gestione Commissariale, ma siamo altrettanto consci che un’azienda come Sanac legata da sempre a doppio filo alla produzione e alle vicende di Taranto, se lasciata navigare in mare aperto prima o poi è destinata a naufragare. Non esiste un’ azienda appetibile sul mercato che non abbia o un pacchetto clienti importante, delle commesse già acquisite in portafoglio o un prodotto di cui ne detiene l’esclusiva. Purtroppo Sanac, e lo sappiamo bene tutti quanti, non rientra all’interno di nessuna di queste tre categorie. Crediamo nella ricostituzione dell’intera filiera dell’acciaio, crediamo che le lavorazioni strategiche debbano essere all’interno del perimetro e delle scelte pubbliche, ma sappiamo altrettanto che la ricerca dinuovi clienti e un investimento in ricerca anche alla luce della progressiva trasformazionedei forni in elettrici sia imprescindibile per la gestione della transizione di Sanac. Crediamo che il potenziamento di un ufficio commerciale e della sua rete per le diversificazione del pacchetto clienti che non escluda aprioristicamente la fornitura nei confronti di AI, possa essere lo strumento che nel breve periodo possa far tornare Sanac ad assere appetibile pergarantire la tenuta occupazionale ed un futuro produttivo al gruppo”.

Unione Sindacale di Base ribadisce: “Sanac ha bisogno di ricominciare da subito a rimettersi in moto, per scongiurare cassa integrazione e fermi; detto ciò continuiamo a ripetere l’importanza che a livello nazionale si apra un tavolo generale sulla siderurgia che comprenda anche SANAC in quanto parte integrante della filiera dell’acciaio italiano, per percorrere l’unica strada a nostro avviso possibile e dignitosa per tornare a dare valore a quello che è un settore strategico nazionale come l’acciaio in Italia. La nazionalizzazione dell’intero settore, è la strada da percorrere; continuare con la strada degli spacchettamenti della filiera e delle multinazionali straniere foraggiate dalle casse pubbiche non è e non sarà mai una strada vincente, in primis per i lavoratori e le lavoratrici dell’acciaio e del refrattario in secondo luogo per il comparto industriale nazionale”.

Anche la sindaca di Carrara, Serena Arrighi, si è presentata nel parcheggio della fabbrica per testimoniare la sua solidarietà ai lavoratori e alle lavoratrici dello stabilimento apuano.