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Articolo 21, Italia Nostra al sindaco: «Venga applicato l’art. 20 del Codice degli Appalti»

CARRARA –  «Gli interventi su nuove infrastrutture pubbliche o l’adeguamento su quelle già inserite nel piano triennale delle opere comunali, possono sì essere finanziati anche con bandi e mutui, ma si tratta di risorse tutt’altro che certe, spesso soggette a procedure che rendono decisamente lunghi i tempi di realizzazione degli interventi. Dando la possibilità alle imprese di finanziare loro questi progetti, in una compartecipazione pubblico/privato, la collettività potrebbe vederli realizzati in tempi più brevi, riservando i finanziamenti in arrivo da bandi e mutui ad altre opere». Sono le parole del sindaco di Carrara Francesco De Pasquale in risposta alla polemica sollevata da Italia Nostra riguardo all’articolo 21 del Regolamento degli Agri Marmiferi. Una questione sulla quale l’associazione è intervenuta con una nuova lettera. «Con questa precisazione – affermano da Italia Nostra rivolgendosi al primo cittadino – conferma che i privati cavatori, per continuare a gestire il “patrimonio pubblico collettivo degli Agri Marmiferi” in esclusiva, senza gara pubblica per i prossimi 25 anni, dovranno mettere “nel piatto” solo i denari necessari a realizzare opere che la pubblica amministrazione ha inserito a bilancio pur sapendo, l’amministrazione (!) che difficilmente saranno realizzate in quanto “…si tratta di risorse tutt’altro che certe, spesso soggette a procedure che rendono decisamente lunghi i tempi di realizzazione degli interventi. Apprendiamo pertanto con rinnovato stupore che le opere a bilancio della sua amministrazione, previste nel Piano Triennale dei lavori pubblici, sono semplici sogni o, se preferisce, promesse e nulla più. Affermazione piuttosto grave o resa incondizionata. Allo stesso tempo, con l’escamotage del ricorso a capitali privati per finanziare le opere pubbliche, la Sua amministrazione rinuncia, per 25 anni e dunque definitivamente, ad affermare l’esclusiva natura pubblica degli agri marmiferi».

«Non è scritto da nessuna parte, Signor Sindaco –  proseguono da Italia Nostra – che i cavatori debbano continuare a scavare, tanto più senza il ricorso alla gara pubblica. Ciò non è previsto nemmeno dalla LR 35/2015, ove, all’art.38 comma 5, si ribadisce che: “Il termine di scadenza dell’autorizzazione o della concessione…può essere incrementato sino ad un massimo di complessivi venticinque anni, su domanda dell’interessato, e previa stipula di una convenzione…da dimostrarsi mediante un sistema di tracciabilità del prodotto che dia garanzia effettiva……”. La legge chiaramente dice “può essere incrementato”, non dice “deve essere incrementato”, in ragione della previsione di un sistema di tracciabilità del prodotto che, al momento, non c’è. Ricorda, Signor Sindaco, che i cavatori hanno impugnato il sistema di tracciamento previsto dal Comune e azzerato i controlli della tracciabilità con l’ennesima causa al Tar? Non Le sembra abbastanza per dire no alle pretese dei cavatori del monte? Invece, con l’art. 21, rivisto in questi ultimi giorni a favore dei concessionari, accade che ci troviamo di fronte alla madre di tutte le transazioni tra comune e cavatori: questi finanziano le opere da Voi indicate e in cambio, per i prossimi 25 anni, cioè per sempre e senza gara, si prendono i giacimenti pubblici, gli agri marmiferi. Tutto ciò in piena contraddizione con la calendarizzazione della proposta di legge sui beni estimati, proposta di legge che riconosce la natura pubblica delle cave inserite nell’editto della duchessa Maria Teresa Cybo Malaspina, rivendicata con orgoglio, appena il 12 ottobre scorso, dal Movimento 5 Stelle, il Suo Movimento, che definiva tale proposta di legge un obiettivo storico: dichiarazione del deputato e portavoce Riccardo Ricciardi».

«Italia Nostra è ferma sulla natura pubblica dei beni estimati – precisano dall’associazione – Lei, Signor Sindaco, convinto invece dell’utilità di cedere ai cavatori il monte, ribadisce – ci permetta, sbagliando – che: “Se un progetto proposto in fase di convenzione non potesse andare in porto (ad esempio, per impedimenti burocratici) ci sarebbe comunque la possibilità di prevederne altri in base all’interesse pubblico”. Ma il Codice degli Appalti dice precisamente l’opposto: Art. 20 (Opera pubblica realizzata a spese del privato) “…comma 2. L’amministrazione, prima della stipula della convenzione, valuta che il progetto di fattibilità delle opere da eseguire con l’indicazione del tempo massimo in cui devono essere completate e lo schema dei relativi contratti di appalto presentati dalla controparte siano rispondenti alla realizzazione delle opere pubbliche di cui al comma 1. Comma 3. La convenzione disciplina anche le conseguenze in caso di inadempimento comprese anche eventuali penali e poteri sostitutivi».

Quindi, sempre in merito all’articolo 21, Italia Nostra avanza una proposta: «Fermo restando la natura pubblica degli agri marmiferi, ai quali l’amministrazione non deve rinunciare e, nel caso di riconoscimento della natura pubblica delle cave inserite nell’editto della duchessa Maria Teresa Cybo Malaspina, ne deve decretare l’immediata avocazione al patrimonio pubblico, chiediamo che, in fase di stesura e approvazione della Disciplina di attuazione all’art.21 del Regolamento sugli Agri Marmiferi, venga inserito e immediatamente applicato l’art. 20 del Codice degli Appalti, comma 2, prevedendo che l’amministrazione comunale, prima della stipula della convenzione con i privati, valuti tecnicamente il progetto di fattibilità delle opere da eseguire con l’indicazione del tempo massimo in cui devono essere completate e lo schema dei relativi contratti di appalto, disciplinando anche le conseguenze in caso di inadempimento, comprese anche le penali e i poteri sostitutivi».

«Poiché la disciplina di attuazione dell’art.21 del Regolamento sugli Agri Marmiferi è ancora in fase di attuazione – chiudono dall’associazione – ci associamo alla proposta di Legambiente che richiede gare che privilegino le aziende virtuose che producono meno detriti, portano via le terre dal monte e non pregiudicano il paesaggio. La città, come Lei ricorda, ha bisogno di certezze. Che le regole siano allora davvero certe, nell’interesse dell’intera collettività per i prossimi 25 anni».