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Cave chiuse, abusi e ricorsi al Tar: gli ambientalisti analizzano il nuovo Piano del Parco

Nicola Cavazzuti, Florida Nicolai e Franca Leverotti temono «come ricompensa per le 7-8 cave chiuse, l’apertura di altrettante aree estrattive, anche con la creazione di nuove Acc»

MASSA-CARRARA – Lunedì scorso, 29 settembre, il consiglio direttivo del Parco delle Alpi Apuane ha approvato la proposta del nuovo Piano integrato del Parco. Un risultato che è arrivato al termine di un iter lungo due anni fatto di studi, riunioni, incontri, assemblee, in ottica di pianificazione del futuro dell’area protetta e delle sue aree estrattive. Il presidente del parco Alberto Putamorsi ha parlato di un “risultato storico”, ma non è stato l’unico a commentare il nuovo piano integrato. In attesa che il piano sia pienamente accessibile (lo sarà solo una volta che verrà approvato dal Consiglio regionale e pubblicato sul Burt) gli ambientalisti locali Nicola Cavazzuti, Florida Nicolai e Franca Leverotti hanno messo nero su bianco un’attenta valutazione di quelle cave che sarebbero in chiusura.

In premessa, tre precisazioni: “I Comuni che propongono l’apertura di nuove cave sono gli stessi cui spetta il ritiro
delle concessioni in caso di abusi: purtroppo, non l’hanno mai fatto – affermano i tre -. Il Parco è solito accettare le aperture proposte: nel suo lungo percorso, ne ha respinte una decina, oggi attive, e ciò spiega la consolidata debolezza dell’Ente che, di fatto, ha scelto di non fare il parco, ma di fare il legittimatore di cave anche con Pca incomplete, e dunque irregolari, come del resto, dopo valanghe di segnalazioni, nel 2017 l’Avvocatura Regionale ha riconosciuto; con i Pabe, affidati dalla politica regionale ai Comuni ma ratificati dalla Regione, il contesto è peggiorato, perché il Parco ha un’arma spuntata contro le decine e decine di nuove cave proposte e tutte accettate, nonostante fossero rinaturalizzate e in uso civico. Al momento, ha denegato solo l’apertura del sito Prunelli, Piastrina, Lame fredde”.

Fatte queste premesse, Cavazzuti, Leverotti e Nicolai vengono dunque alle otto cave in chiusura: “Borella, la ex cava-teatro (oggetto di inchieste in corso della Procura e della Corte dei Conti), è stata riaperta nel 2008 con accordi politici ratificati nel protocollo d’intesa dell’11/12/2013. Gli abusi, già presenti all’apertura, sono proseguiti regolarmente fino a pochi mesi fa. C’è da comprendere la “stranezza” di una cava, prevista in chiusura dal Pip, che ha trovato un nuovo acquirente; Colubraia (concessa a una ditta che andava per la maggiore, insieme a Borella,
Biteto e Boana), riaperta nonostante la presenza nel piazzale di cava della Buca dei Francesi (accatastata), soggetta ad una procedura di infrazione promossa dall’Europa per autorizzazione incompleta, più volte segnalata per
abusi, nel 2020 ha avuto Pca negativa perché il Comune ha dichiarato decaduta la concessione di 29 anni, affidando i beni ad altre società. È attivo un ricorso al Tar sulla decisione amministrativa del Comune; Colubraia Formignacola, riaperta dopo 20 anni nonostante due cavità carsiche nel piazzale (una accatastata) e l’intercettazione in galleria di una grotta attiva “con rare concrezioni eccentriche”, ha distrutto un tratto della settecentesca via Vandelli, strada vincolata con DM 128/1976 e dove il Pit vieta il passaggio di camion. Dopo un ampliamento concesso con N.O. perché in regime di variante non sostanziale, è sospesa per abusi da dicembre 2020. Regolarmente autorizzata: farà ricorso al Tar?; Buca, oggetto nel 2005 di un’inchiesta pubblica con le Cervaiole e Piastrone, autorizzata nonostante le evidenti criticità legate al diffuso carsismo e la presenza di due abissi, qualificati geosito nel 2010, tanto che si imponeva l’uso del georadar nello scavo; sospesa nel 2021 per le intercettazioni di ben due cavità carsiche accatastate. Impressionante la relazione del Presidente degli speleologi che denuncia la devastazione del sito, la scomparsa di due ingressi e la trasformazione di altri. Chiuderla è un dovere anche perché 9
mappali su 10 sono di uso civico. A parere dell’associazione Apuane Libere chiuderà solo la parte interessata dai macroscopici abusi; Colpelato e Poggio di Sante, due cave con un’unica concessione. Da anni è nota la connessione con la sorgente di Colle Lungo. Colpelato ha anche scavato nel Sir, senza che succedesse nulla. Nel 2018 il Parco decise di non assentire alla proroga, senza peraltro concedere il ripristino previsto per legge. La società fece ricorso al Tar e il Parco fu costretto a ri-autorizzarla. Ricorrerà anche questa volta al Tar, magari a fine piano estrattivo; Valsora: quale Valsora? La domanda è legittima perché in vari comunicati stampa compare la sola denominazione Valsora, anche se il Presidente, nell’incontro con gli ambientalisti, ha chiarito che si tratta di Valsora Palazzolo
Valsora è cava attiva, autorizzata dal Parco e anche dal Comune nonostante la presenza dei 100 tritoni (che oggi convivono a 20 metri con lo scavo in galleria) e la qualifica di sito di importanza erpetologica italiana. Il Parco ha
dato parere favorevole in Pca, consentendo al Comune di autorizzarla. Poco sopra c’è Valsora Palazzolo, al momento ferma, ma autorizzata da Parco e Comune nonostante i gravissimi abusi: “alterazione permanente dello sky-
line” lato Carrara e asportazione di un pezzo di monte, in assenza di paesaggistica e senza uno straccio di autorizzazione. Nei mesi scorsi la cava è regolarmente passata di mano. Che sia Valsora o Valsora Palazzolo poco
importa: ricorrerà al Tar il concessionario interessato?”

“Non vorremmo sentirci dire , a Pip approvato, come già accaduto per Colpelato e Poggio di Sante: “siamo costretti al rilascio di Pca a seguito dell’Ordinanza del Tar” – concludono i tre ambientalisti – Ma ancora di più temiamo, come
ricompensa per le 7-8 cave chiuse, l’apertura di altrettante aree estrattive, anche con la creazione di nuove Acc, come si palesa nel caso della ditta che lavora Colubraia Formignacola che sta per avere in affitto come terreno agricolo la nuova ACC Boana – Piazza d’Arme”.