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Altri due incidenti in cava a Carrara, Figaia (Cisl): «Si ricominci ad ascoltare i lavoratori»

Il segretario territoriale della Cisl: «''Il monte vuole sempre la sua parte'': evidenza di un fatalismo inaccettabile»

CARRARA – “Ci risiamo. Nuovamente due incidenti sul lavoro, in cava, a Carrara. Il primo, in ordine cronologico, è uno strano incidente. Lavoratore assai anziano per la cava (69 anni… Si pensi a quanti cavatori sono usciti dal lavoro con quota cento nell’ultimo anno – 62!), che si ferisce gravemente a seguito dell’uso di una chiave inglese. L’altro, socio lavoratore di una importante cooperativa, casca con la sua ruspa nuova verso il basso per metri e ne subisce le conseguenze”. A tornare sui fatti di cronaca degli ultimi giorni che riguardano gli ennesimi incidenti in cava è il segretario territoriale della Cisl Andrea Figaia.

“In questo caso – prosegue – l’arrivo dell’elisoccorso tarda parecchio per una sovrapposizione di interventi con tutte le conseguenze del caso, anche e soprattutto umane. Incidenti, quindi, in cava, non nell’indotto, in aziende “serie” che utilizzano il Ccnl del marmo senza la fretta che in precedenza pareva aver creato le condizioni per lavorare, almeno apparentemente, con mezzi non vetusti rotti o altro. Insomma, perché? Da qualche tempo sembra che l’attività formativa, ossia quegli interventi permanenti che avevamo detto dovessero continuare senza sosta, siano rallentati. Gli interventi di verifica, quando il presidente Rossi replicando il famoso ‘modello Prato’ setacciò tutto il monte (a seguito della presenza in zona di un cluster di mortalità sul lavoro di livello nazionale), non mi pare siano più così puntuali come prima. Insomma, alla fine non resterebbe che citare il vecchio adagio carrarino ”il monte vuole sempre la sua parte”, evidenza di un fatalismo inaccettabile”.

“Insomma – conclude Figaia – è destino: in cava sono sempre morti. Il signor Prefetto, nonostante nostre ripetute sollecitazioni unitarie, non ci fa partecipare alle riunioni sulla sicurezza che dice di tenere. Come se l’esperienza diretta di chi ci lavora non servisse. Cosa, da me, già precedentemente dichiarata pubblicamente. Che dire: questa faccenda della sicurezza in cava e non, deve ripartire dall’ascolto di chi ci lavora, dagli rls, sapendo di giocare una partita che può valere una vita, insieme alle istituzioni, che spesso ci evitano, (o ci chiamano, questo sì, con il morto “caldo”), consapevoli che il lavoro, soprattutto nel marmo ed in cava, va monitorato continuamente, senza sosta. Il prezzo da pagarsi potrebbe nuovamente essere insopportabile”.