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«Il Green Pass, la peggiore violazione dei diritti dal 1938». Sabato la protesta arriva a Massa

La manifestazione contro la misura restrittiva introdotta dal governo si svolgerà sabato 24 luglio alle 17.30 in piazza Aranci

MASSA-CARRARA – Non sono passate neanche 24 ore dall’annuncio del governo sull’estensione del green pass per partecipare alla vita sociale (qui le specifiche) che la mobilitazione dei contrari all’ennesima misura restrittiva è già partita anche nella provincia di Massa-Carrara. Ieri sera una prima manifestazione si è svolta nel centro di Torino: migliaia di persone sono scese in piazza. E adesso la protesta si allargherà anche nei capoluoghi delle altre province italiane, compresa la nostra.

Domani, sabato 24 luglio, a partire dalle 17.30 a Massa in piazza Aranci, si svolgerà la manifestazione organizzata dal gruppo “Rivoluzione Allegra”: «Domani, sabato 24 luglio alle 17,30, anche a Massa, in piazza Aranci – scrive l’associazione in una nota – si terrà una delle decine di manifestazioni organizzate in tutta Italia contro il previsto decreto istitutivo del Green Pass, che è la peggiore violazione dei diritti inviolabili del cittadino (lavoro, circolazione, libertà personale) dal 1938 a oggi: uno strumento di ricatto – in assenza di obbligo vaccinale – e di discriminazione (tra vaccinati e non, che trasmettono il virus allo stesso modo) che non può essere usato in questi termini anche a fronte della normativa europea».

«La protesta, a Massa, è auto-organizzata dal gruppo Rivoluzione Allegra e aperta a tutti coloro che intendono protestare contro la deriva totalitaria, contro il Green Pass, contro l’obbligo vaccinale, contro l’impiego dell’epidemia come pretesto per una falsa “rivoluzione verde” o “transizione ecologica”, portata avanti da gruppi di interessi economici, finanziari, editoriali, politici che rappresentano lo 0,1 % della popolazione mondiale e da una classe politica che non ha effettuato nessuna transizione, ma è la stessa responsabile del tracollo di sistema in cui ci stiamo avvitando».

Quello che gli organizzatori chiedono è:

  1. «l’abolizione totale – anche dal dibattito pubblico e mediatico – di qualsivoglia misura discriminatoria verso chi abbia liberamente scelto di non vaccinarsi o verso chi, pur volendo, non abbia potuto né possa farlo;
  2. l’abolizione dall’agenda politica nazionale e mondiale di qualsiasi misura restrittiva nei confronti di persone perfettamente sane. Mai più lockdown, coprifuoco e qualsiasi forma di intollerabile sopruso altrimenti denominato. Mai più toni bellici usati verso i civili, mai più terrore negli anziani e nei bambini. Non siamo i sudditi di una tirannide, non accetteremo di essere nuovamente rinchiusi ai domiciliari: seppure dovesse coglierci una recrudescenza della pandemia, la affronteremo con condotte responsabili e senza panico. Non possiamo smettere di vivere per un virus;
  3. la radicale modifica di tutto l’impianto di quel ricatto a strozzo meglio noto come Recovery Fund, strumento attualmente destinato in buona parte alla digitalizzazione. Il paradosso è proprio questo: per rispondere a una pandemia che pur uccidendo lo “zero-virgola” è apparentemente riuscita a minacciare i sistemi sanitari di tutto il mondo, si sta ora procedendo con una misura che non si concentra affatto sui sistemi sanitari. Non si comprende il perché di una tale assurdità, perciò si richiede con forza di fare una inversione a U e di potenziare tutti i principali settori pubblici (sanità, scuola, trasporti e così via);
  4. la pretesa che i nostri media di massa promuovano finalmente un dibattito pubblico scientifico che sia intellettualmente onesto e massimamente aperto a quei medici, giuristi, filosofi e giornalisti che abbiano maturato una posizione critica nei confronti della narrazione istituzionale. Si richiede, in particolare, che i mezzi di informazione e i giornalisti di ogni testata facciano piena luce sui protocolli anti-covid elaborati da vari gruppi di medici e da varie associazioni, affinché le istituzioni politiche acquisiscano tali protocolli terapeutici e possano indicarli come misure di contrasto alla pandemia;
  5. la richiesta di dimissioni in blocco dell’intero governo, e in primo luogo del Ministro della salute Roberto Speranza. Difatti, se è vero – come sostenuto dall’Avvocatura dello Stato – che nel computo dei decessi Covid siano stati inseriti tutti i soggetti positivi al virus, inclusi quelli che non hanno sviluppato alcun sintomo, allora Roberto Speranza va quantomeno processato per procurato allarme, essendo – in qualità di Ministro – responsabile di tutte le attività del suo Ministero. A tale rilievo si aggiunge la necessità di verificare eventuali responsabilità in termini di aggiornamento del piano pandemico, pure con riferimento al reato di epidemia colposa;
  6. la richesta di un referendum popolare per procedere con l’elezione di una nuova Assemblea Costituente, composta dalla più ampia rappresentanza sociale possibile, che si faccia carico di effettuare tutti quei cambiamenti radicali che consentano al sistema di rimuovere le cause, non solo alcuni sintomi, del suo tracollo. Se rivoluzione deve essere, lo sia davvero: de jure, non di fatto, non violenta, legale, partecipata dalla società civile».