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Dalla plastica abbandonata alle statue classiche: ecco l’arte del carrarese Paolo Nicolai foto

Una formula di successo, che parte dall'idea di dare nuova vita a materiali abbandonati e da scarto. Oggi le richieste arrivano da tutto il mondo

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CARRARA – Ha iniziato un anno e mezzo fa raccogliendo plastica in spiaggia, insieme alla figlia di tre anni e mezzo. «Lei trovava palline e giocattoli usati, era felicissima». Mischiava il materiale raccolto con la resina, dando vita a svuotatasche, contenitori, vassoi e centrotavola. «Alle persone piacevano, ma non li compravano». Oggi, invece, le opere dell’architetto carrarese Paolo Nicolai, fanno il giro del mondo. Maschere e statue classiche, tutte coloratissime, create partendo dalla plastica abbandonata o dagli scarti di produzione delle aziende.

«Quando ho postato la prima maschera su Instagram – racconta – avevo solo 60 follower: oggi ne ho più di 7mila. L’opera è subito piaciuta. La gente mi ha suggerito di iniziare a vendere». Le prime opere, Paolo, le ha esposte lo scorso luglio durante White Carrara Downtown, a Palazzo Binelli. A settembre è stato selezionato come finalista della categoria “Industrial Design” al Ro Plastic Prize 2020 e, sempre nello stesso mese, è andato in finale all’Ecofestival Plastica d’A-MARE di Roma. Ma la vera svolta è arrivata a Forte dei Marmi quando, grazie all’esposizione nella galleria “Il Forte arte” di Patrizia Grigolini, le persone hanno iniziato a conoscere e ad apprezzare la sua arte. E le richieste hanno iniziato ad aumentare. «Oggi arrivano anche da Parigi, o da Abu Dhabi. Mi scrivono attraverso Instagram, e il gioco è fatto. Si tratta perlopiù di persone facoltose, comprano le statue per piazzarle, magari, nelle loro ville o nei loro yacht».

La ricetta è semplice: prima di tutto la classicità. «Le statue classiche non passano mai di moda – spiega Nicolai – esattamente come la cravatta, il cardigan o le scarpe col tacco. Poi un impatto importante lo danno i colori, molto forti e pop. E non dimentichiamo che le opere sono fatte con materiale di riciclo, e oggi il concetto di sostenibilità è tornato molto in voga. Se vai in un’azienda e proponi di trasformare lo scarto di produzione in un’opera d’arte, il titolare si illumina».

Alcune delle statue sono volutamente deturpate, attraverso il maneggiamento dei materiali di cui sono composte. «E’ un effetto cercato. Immagino le mie statue come possibili reperti di ritrovamenti archeologici futuri, che dimostrino come la plastica, con la sua persistenza millenaria, è qualcosa che persiste. E allora, alla mia opera, devo dare i segni del passaggio del tempo. Devo logorarla, consumarla. E’ in questa veste che si mostrerà alle generazioni future».

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