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Centosessant’anni dall’Unità d’Italia, salta la cerimonia di Ancri all’accademia di Belle Arti

A causa delle disposizioni anti-covid l'associazione non ha potuto incontrare il Prefetto di Massa-Carrara Claudio Ventrice per insignirlo dell'onorificenza

CARRARA – Nel giorno del centosessantesimo anniversario della proclamazione del regno unito d’Italia, le disposizioni anti-covid fanno saltare una cerimonia importante per l’Ancri (Associazione Nazionale Cavalieri della Repubblica Italiana), che oggi avrebbe incontrato, nella cornice dell’Accademia di Belle Arti di Carrara, il Prefetto di Massa-Carrara Claudio Ventrice per insignirlo del riconoscimento dell’associazione.

“L’onorificenza di Ancri al prefetto Claudio Ventrice ha una doppia valenza, un doppio significato – spiega Fiorella Fambrini, delegata ai rapporti istituzionali della sezione territoriale Ancri Massa-Carrara -, il riconoscimento, atto dovuto e voluto, ad una personalità che in breve tempo – è con noi dall’agosto 2020 – ha impostato un rapporto continuo e intenso, ben al di là del mero obbligo istituzionale, nel periodo drammatico dalla pandemia. Creando momenti essenziali di incontro come l’appuntamento istituzionale con i Sindaci al mercoledì, ed altri numerosi episodi/avvenimenti, di cui molti non rilevabili pubblicamente. Dunque un “grazie” sentito e forte al rappresentante dell’Ufficio di Governo e alla personalità sottesa, che con la sua sensibilità, connota l’attività del soggetto istituzionale, la sua capacità di dialogo e di ascolto e di esempio. Verso tutti, ma in particolare verso i giovani”.

La scelta della cornice dell’Accademia di Belle Arti avrebbe avuto un significato. “Rappresenta l’espressione più elevata della cultura a Carrara e nel territorio, e oggi, 17 marzo 2021, che raccoglie l’eco storica di una proclamazione, quella del Regno Unito d’Italia nel parlamento sabaudo 160 anni fa. Un “lontano” 17 marzo 1861, oggi da recuperare e valorizzare in mezzo a tante date di solennità civili, religiose, e celebrative, che cercano di sottolineare la sostanza di valori e ideali, fissandoli nel calendario della memoria. Ci riescono queste date ad avere riscontro, vero e partecipato nella collettività? Talvolta, ma non sempre e non con tutta l’efficacia che occorrerebbe. Eppure abbiamo necessità di una ricaduta ideale sugli animi delle persone, soprattutto dei giovani. Questa ricorrenza, come altre, ha sofferto, forse anche segnata dal peccato originale di retorica, la conseguenza di impostazioni storiografiche diverse. Sulla scia di interpretazioni neoborboniche da una parte, o di contestazione antimonarchica dall’altra, una storiografia un tantino disarticolata ha sminuito a lungo l’importanza di una celebrazione che comunque la si voglia interpretare rappresenta un punto fermo della nostra storia: le origini dell’unità italiana, perseguita e completata drammaticamente dopo sofferenze e sacrifici, al termine di un conflitto mondiale che per noi rappresentò una quarta Guerra di Indipendenza”.

“Questa data del 17 marzo oggettivamente rappresenta pur sempre un punto di arrivo per fare di una nazione uno stato con una sua dignità e una sua autonomia – continua Fambrini -. Ciò nonostante, prima di oggi, di questa giornata dell’Unità d’Italia si sono susseguite solo tre celebrazioni a livello nazionale: nel 1911, all’insegna dell’encomio sabaudo, nel 1961, con una percezione storica più evoluta accompagnata dall’EXPO, per poi attendere sino al 2011, con la rivitalizzazione dell’episodio storico e del suo significato, cercando il coinvolgimento delle Scuole. Per anni si era protratta la strana la dimenticanza verso una data degna comunque di attenzione, perché punto significativo del percorso della nostra storia, intesa nella sua etimologia greca, “istorìa”, che significa “ricerca”, ricerca delle cause e delle origini, per capire meglio se stessi ed avere una identità da affermare in mezzo ad altre. D’altra parte come si può essere cittadini del mondo e dell’Europa se prima non si è italiani con piena coscienza della propria identità? Dunque, al netto di frasi celebrative altisonanti, lontano da immagini che facciano aleggiare anche la sola ombra della retorica riduttiva, ben venga questa celebrazione, sobria per coerenza, oltre che per le misure imposte dalla prevenzione al virus. Ben venga questo incontro come occasione per ricordare gli ideali guida di Risorgimento e Resistenza e così ri-prendere e ri-proporre la lettura del nostro passato finalizzata a meglio capire che cosa significhi Stato unitario. E ancora di più: unità, coesione, partecipazione solidale. Solo recuperando e comprendendo appieno certi valori, possiamo riuscire ad avere una stella polare che guidi noi e, soprattutto, i nostri giovani, più che mai disorientati in questo periodo. Solo una visione ideale profonda può offrire loro un futuro, indirizzarli verso stili di vita dove il senso della misura e dell’equilibrio sia l’ago della bilancia, che eviti fenomeni di disprezzo verso le regole e verso gli altri. E qui molto possono e devono fare le istituzioni e, in particolare, la scuola, che riproponga con la forza della cultura la bellezza di certi ideali, il gusto, non l’imposizione, dell’educazione civica, dell’essere cittadino attivo di uno Stato di diritto. Lo dico con profondo convincimento, quello di una donna che ha guidato scuole complesse della provincia e che a questa professione ha creduto e crede profondamente”.

“Chiudo – conclude la rappresentante di Ancri Massa-Carrara – riprendendo un passo del discorso tenuto nella celebrazione del centocinquantesimo dell’Unità d’Italia dall’allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che mi sembra non solo attuale, ma addirittura, alla luce del fenomeno che stiamo vivendo, preveggente «Reggeremo – in questo gran mare aperto – alle prove che ci attendono, come abbiamo fatto in momenti cruciali del passato, perché disponiamo anche oggi di grandi riserve di risorse umane e morali. Ma ci riusciremo ad una condizione: che operi nuovamente un forte cemento nazionale unitario, non eroso e dissolto da cieche partigianerie, da perdite diffuse del senso del limite e della responsabilità. Non so quando e come ciò accadrà; confido che accada; convinciamoci tutti, nel profondo, che questa è ormai la condizione della salvezza comune, del comune progresso»”.