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"Cave pulite", con un’ordinanza Volpi ingiunge a Caldia Srl di smaltire i rifiuti

I tecnici di Arpat e del Comune hanno rilevato la presenza di marmettola e fanghi in tutta l'area

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L’operazione “Cave pulite” sta già ottenendo i primi, importanti risultati. In attesa dell’ordinanza dirigenziale vera e propria, che arriverà a dicembre, i tecnici del Comune, con quelli di Arpat, stanno battendo palmo a palmo le cave del versante massese per verificare il rispetto delle leggi ambientali e delle prescrizioni inserite nelle autorizzazioni all’escavazione da parte delle aziende del lapideo. Il 20 settembre il personale dell’Agenzia regionale per la protezione ambientale ha effettuato un sopralluogo alla Cava M42 Rocchetta Caldia, in concessione alla ditta Caldia Srl, nella zona della Rocchetta, a monte dell’acquedotto del Cartaro.

I tecnici hanno esaminato in particolare il piano di prevenzione e gestione delle acque meteoriche dilavanti, il piano di coltivazione e la variante allo stesso dell’ottobre 2016. La prima analisi ha rilevato diversi problemi nella gestione dell’area di lavoro, trasmessi il 3 ottobre agli uffici del Comune di Massa. La pratica è poi arrivata sul tavolo del sindaco Alessandro Volpi che martedì ha firmato di fatto la prima ordinanza dell’operazione “cave pulite” che intima alla società Caldia Srl di rimuovere e avviare a smaltimento i rifiuti, in primo luogo la marmettola, e al ripristino dei luoghi.

Nel dettaglio, entro 15 giorni dalla notifica, la società dovrà pulire i piani di lavoro interessati dalle operazioni di taglio e riquadratura, rimuovendo lo strato di polvere e fanghi oltre ai fanghi derivanti dalla pulizia della vasca alla base del ravaneto all’interno della quale è percolata l’acqua reflua di lavorazione. La nota di sintesi di Arpat, d’altronde, per quanto ancora relativa al primo esito dei controlli, in attesa di una verifica dei documenti di progetto, era ben chiara sulla presenza di marmettola e fanghi in tutta l’area, supportata da un report fotografico che non lasciava spazio a interpretazioni così come le conclusioni dell’Agenzia: “L’azienda non raccoglieva le acque reflue di lavorazione nel corso delle operazioni di taglio ‘a umido’.

Le operazioni di taglio dei blocchi di marmo, sia ‘al monte’ che ‘di riquadratura’ avvenivano con l’ausilio di acqua ed i reflui liquidi del taglio, costituiti da una sospensione di polvere di marmo in acqua si disperdevano liberamente sui piani di cava. In un caso ruscellavano sul suolo e percolavano successivamente nel ravaneto presente nell’area di cava, nell’altro dopo aver percorso ampie zone di cava attiva si disperdevano sui piani di lavoro. Nel corso del sopralluogo è stato osservato che sui piani di lavoro era depositato un consistente strato di polvere e di fanghi provenienti dalle operazioni di taglio e riquadratura e che l’azienda ometteva, in alcune zone di lavorazione, la raccolta e la successiva gestione del refluo prodotto nel corso dei tagli ‘ad umido’”.

“Un atto dovuto in considerazione di un quadro preoccupante, di mancato rispetto delle prescrizioni, aggravato dal fatto che la cava si trova a ridosso della sorgente del Cartaro e dell’acquedotto che serve quasi tutta la città – sottolinea il vice sindaco Uilian Berti
Per la gestione delle acque Arpat ipotizza il reato di abbandono di rifiuti per lo stato liquido. Per i problemi ambientali riscontrati l’Agenzia ha dato comunicazione all’Autorità giudiziaria.

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