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Figaia (Cisl) sulle cave: «Manca l’equilibrio tra escavazione e comunità»

CARRARA – Mentre i monti calano il lavoro nelle cave diminuisce drasticamente, e così nasce il commento all’attuale situazione delle autorizzazioni di Andrea Figaia, segretario provinciale Cisl Toscana Nord Apuane: «Vedo una strana inerzia nelle comunità massesi e versiliesi che sembrano non accorgersi dell’impatto da subito drastico, sui monti, delle nuove autorizzazioni. La capacità di escavazione dei nuovi macchinari aumenta decisamente la quantità e il suo impatto (ed i ricavi) mentre i posti di lavoro sono ben lontano da quell’interesse diffuso che il marmo garantiva alle Comunità locali fino a qualche anno fa.»

«A Carrara, invece, – prosegue Figaia – mi pare che la volontà diffusa sia quella di ‘darci su’. Il danno ambientale è ormai pazzesco e irreversibile mentre gli occupati calano a livelli impensabili. L’ultimo caso che sta sollevando clamore in città riguarda la vexata questio ‘Polvaccio’, sulla quale il Tar della Toscana si è espresso sostenendo, in buona sostanza, di rilevare la presenza di vari aspetti formali da rivedere ma che, nel merito, non cambia un granché: cioè, così, assai probabilmente, non si riapre. Occorre qualcos’altro: la Regione Toscana ha iscritto all’ordine del giorno del consiglio regionale di questi giorni una sua rivisitazione delle carte, delle mappe, praticamente un nuovo reticolo idrografico toscano. Insomma: se cambiano quello, a quel punto, e cambiano specificatamente i reticoli presenti nelle zone delle cave che non svolgerebbero più la loro funzione storica, il Demanio potrà procedere a sdemanializzare con maggiore facilità, permettendo alla Regione di concedere la concessione ed al Comune di procedere con l’autorizzazione all’escavazione.»

«In pratica – conclude il segretario – quindi nessuna fuga delle istituzioni, della politica rispetto alle cave e al Polvaccio, nessuna strada aperta dalla magistratura che si è limitata (nel merito dell atto di sospensione attività deliberata dal Comune) giustamente a fare il suo lavoro di verifica amministrativa degli atti, ma, anzi invece, la volontà di trovare una soluzione a favore di un mondo imprenditoriale che ci appare sempre più distante, neutro, da quei valori di ricaduta sociale che storicamente garantivano l’equilibrio tra la escavazione e le comunità che vivevano nelle zone interessate. Cavatori e coltivazioni agricole, amore per una terra che rispettavano in prima persona, frazioni a monte vive e vitali, comunità sociali (anche ecclesiali) interessate ad un’idea di futuro. Quella che manca oggi. Non per voler vivere come i gruppi ‘amish’, ma neanche estrazione selvaggia e zone montane sempre meno vivibili frequentabili abbandonate ad un destino da far west con il marmo in blocchi che parte verso destinazioni lontane (persino la via dei marmi è garantita finanziariamente dalla città) e il marmo bianco che manca persino agli scultori. Idea di distretto minerario non certo di parco delle Apuane. E sarà sempre più così.»