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«Bloccati in Messico da febbraio ma in libertà e "sana distancia"»

Guido Balloni e Marta Marchini sono partiti per il Paese dell'America del Nord il 18 di febbraio. Da allora non sono ancora riusciti a tornare

Il 18 di febbraio sono partiti, come ogni anno, verso la destinazione dei loro sogni: il Messico. Il Covid-19, in quei giorni, era solo un “virus cinese” distante chilometri e chilometri dall’Italia e i giornali traboccavano di notizie tranquillizzanti: “Eravamo rimasti al periodo in cui ci dicevano che il virus non sarebbe mai arrivato in Italia e che il Governo era pronto in caso di un’eventuale emergenza. Quindi eravamo abbastanza tranquilli quando siamo partiti”.
Nel giro di un paio di settimane, per Guido Balloni e Marta Marchini, gestori del locale di cucina tradizionale messicana El Rey La Plaza di Avenza, le cose prendono un’altra forma e per loro, che in Messico erano andati per restare un mese, il viaggio dei sogni diventa un’espatrio forzato.

Quando vi siete resi conto che la situazione stava degenerando in Italia?
“Dopo un paio di settimane sono cominciate ad arrivare diverse notizie che ci hanno colto abbastanza di sorpresa. I messicani quando capivano che eravamo italiani iniziavano a tenere una certa distanza, e dal loro punto di vista, dalle dichiarazioni ufficiali del nostro governo, la colpa del contagio era dovuta all’incapacità dei medici italiani”.

Com’è la situazione in Messico, come stanno gestendo secondo il vostro punto di vista la pandemia?
“In Messico dove siamo noi, a Puerto Escondido, è molto tranquillo. Dal primo caso nella città di Puebla di fine marzo hanno subito chiuso le scuole in tutto il paese e hanno iniziato subito con il lavoro a casa per chi poteva. La settimana dopo per la settimana Santa a Puerto Escondido, come penso in tutti i posti turistici, hanno chiuso gli alberghi e le spiagge e cancellato il 90 % dei voli per evitare l’arrivo dei turisti e come attività sono rimasti aperti solo i ristoranti che lavoravano come da noi con l’asporto. Non c’è mai stato l’obbligo di restare a casa (la prima cosa che ha detto il presidente è stata che non si possono toccare i diritti istituzionali quindi consigliavano solo di restare in casa e di mantenere “la sana distancia” , che suona in un altro modo rispetto alla distanza sociale come da noi, una piccola cosa ma secondo molto importante per evidenziare il diverso approccio istituzionale al virus). I negozi sono rimasti quasi tutti aperti e hanno chiuso solo coloro che volevano farlo, magari principalmente per la mancanza di turisti. Ora stanno riaprendo spiagge e ristoranti e da giugno anche gli hotel. Di contagiati a Puerto ce ne sono solo 8, a Città del Messico invece la situazione è un po’ più complicata, ma in una città di 30 milioni di abitanti è normale. La cosa bella che non è mai mancata la libertà.

Non avete mai avuto paura di essere contagiati?
“Non più di tanto, abbiamo sempre cercato di mantenere le distanze quando si usciva adottando qualche piccola precauzione.”

Come reputate la gestione del vostro rimpatrio da parte dell’ambasciata?
“Ho chiamato un paio di volte l’ambasciata e sono sempre stati cordiali e gentili, ma mi hanno sempre detto che purtroppo non erano in programma voli di rimpatrio ma che ci potevano dare informazioni su quelli che potevamo prendere per arrivare in Italia. Naturalmente a nostre spese, e purtroppo da 1700 euro a testa in su. Quindi noi come molti altri italiani bloccati qua abbiamo deciso di aspettare. Anche perché poi avevamo saputo che qualche volo prenotato poi veniva cancellato e la compagnia rimborsava con voucher. So che una decina di giorni fa ne hanno organizzato uno da Cancun a circa 800 euro ma noi l’abbiamo scartato per la distanza da noi, infatti dovevano prendere 2 voli interni senza la certezza di arrivare”.

Una volta che vi siete resi conto di essere rimasti bloccati in Messico, cosa avete deciso di fare?
“Non ci possiamo lamentare, abitiamo in una casetta a 500 metri dal mare su una collinetta dove è abbastanza fresco e non si soffre il caldo. Al mattino prima che esca il sole una passeggiata sulla spiaggia poi lettura, pranzo ogni tanto, un giro al mercato per fare la spesa e soprattutto a cucinare e mangiare. Ho preso qualche chilo naturalmente ma vengo tutti gli anni specialmente per la cucina. Se non fosse per i nipotini a dire il vero ci starei ancora un po’. Purtroppo però essendo obbligati a stare qua a livello psicologico ci mette ansia e ci fa sentire come in galera e per questo non è stata come una vacanza, anche se ora forse mi dispiace un po’ tornare, sarò strano? Non siamo mai contenti. Ci hanno cancellato 4 voli ma il prossimo dovrebbe essere quello buono, tra un paio di settimane.

Avete scoperto delle nuove ricette da portare nel vostro ristorante ad Avenza?
“Da questo punto di vista il viaggio è stato molto utile, alcune ricette l’ho già mandate a mia figlia Elisa visto che hanno riaperto il ristorante. In questi mesi di lontananza ha preso il mio posto in cucina e devo dire che è quasi più brava di me, per fortuna anche lei ci mette la passione”.