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L’ombra dell’Ilva su Sanac: «Scarse possibilità di successo»

Il segretario Uiltec nord Toscana, Massimo Graziani: «Il governo ripristini scudo penale ed elimini ogni alibi al colosso. Un piano B non è fattibile»

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“Il governo deve eliminare tutti i presupposti contrattuali di rottura per giusta causa, chiedendo con forza ad ArcelorMittal di rispettare gli accordi. Anche perché gli unici che da quest’operazione possono uscirne comunque i vincitori sono proprio gli investitori del colosso internazionale: lo saranno se l’acquisto sarà remunerativo e lo saranno comunque con la chiusura di Taranto avendo eliminato dal mercato il più importante polo siderurgico europeo”. Lo sostiene il segretario della Uiltec Toscana Nord, Massimo Graziani, che partendo da questo presupposto economico, analizza poi la situazione di Sanac oggi estremamente critica e “con scarse possibilità di successo”.

Tre le ipotesi: “In caso di dismissione e disimpegno da parte di ArcelorMittal questo vorrà dire il rischio di finire in una posizione di isolamento, se non dovesse essere inserita nel pacchetto Ilva. Nel caso in cui la trattativa si sposti sui tagli lineari proposti lo scenario che si apre nei confronti dei 150 dipendenti Sanac rischia di essere altrettanto di lacrime e sangue. Infine l’ipotesi di mantenimento dell’area a freddo con la conseguente dismissione dell’area a caldo rappresenterebbe la fine per Sanac all’interno del gruppo visto che opera al servizio proprio delle aree a caldo”.

E’ evidente che a questo punto, dopo aver legato per 6 anni il futuro di Sanac a quello dell’Ilva di Taranto, tornare indietro diventa impossibile e l’unica soluzione plausibile nelle mani del governo è quella del ‘tutto o niente’, eliminando però ogni alibi alla multinazionale: “Il presidente del consiglio, Conte, ha dichiarato che il problema dello scudo penale non esiste e che in realtà è un problema di carattere prettamente economico. I livelli produttivi attuali non coprirebbero gli investimenti con ArcelorMittal che ha già chiesto di tagliare il personale per un totale di 5.000 unità, riducendo di più di un terzo la forza produttiva e occupazionale di Ilva in Italia e del 50% della sola Taranto. Altra opzione sarebbe quella di conservare sotto il loro controllo l’area a freddo consegnando al governo e quindi ai commissari tutta l’area a caldo, più complessa da gestire  in termini di bonifiche  e investimenti, anche dal punto di vista giuridico – evidenzia il segretario Uiltec  -. Tutte proposte che per il governo italiano sono inaccettabili. E’ anche vero che per Taranto servono investimenti importanti che richiedono tempo e l’iniezione di molti capitali. Gli scenari attuali non sembrano darci molta scelta perché dopo anni di attesa, di gestione ordinaria commissariale senza investimenti, il contratto di affitto di azienda è stato siglato solo 14 mesi fa. Di mezzo ci sono i mutati scenari economici e produttivi europei e mondiali, i dazi imposti da Trump, la contrazione del mercato europeo, lo stop della locomotiva Germania in termini di automotive e di manifatturiero, hanno fatto il resto”.

Scenari complessi in cui si sono inseriti gravi errori politici e strategici “come la modifica dello scudo legale che avrebbe dovuto scadere nel 2023 e si è deciso di anticipare al 2019. Non sarà il vero motivo ma ha fornito l’alibi per la rescissione del contratto. Eliminiamo tutti i presupposti contrattuali di rottura per giusta causa perché non esiste un piano B – conclude Graziani -, neppure per Sanac. Non c’è più tempo, non ci sono le condizioni”.

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