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Cave chiuse, cento lavoratori a casa. Proposto un fondo di solidarietà regionale

Lo annuncia il consigliere regionale Giannarelli (M5s). De Pasquale: «Noi stiamo dalla parte delle maestranze». Martinelli contro gli allarmismi: «Politici giocano sulla pelle di persone che rischiano lo stipendio». Articolo 1-Mdp: «Fate presto»

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«Vi abbiamo convocato per fare il punto sulla situazione alle cave dopo l’entrata in vigore della norma transitoria. Sappiamo che c’è preoccupazione, e noi la condividiamo, ma pensiamo sia necessario fare chiarezza su alcuni punti e su come siamo arrivati a questa situazione. In più, mentre c’è chi fa confusione in modo strumentale per fini politici, noi vogliamo dire con chiarezza da che parte stiamo. Noi stiamo dalla parte dei lavoratori». Il sindaco Francesco De Pasquale ha aperto così la conferenza stampa dell’amministrazione a seguito della sospensione dell’attività in 6 cave innescata dalla norma transitoria, l’articolo 58/bis della legge regionale.

Secondo queste disposizioni, le ditte escavatrici dovranno elaborare un progetto che sarà sottoposto al parere di vari enti regionali (Asl, Arpat, commissione paesaggistica) per sperare di poter riprendere con l’attività. Nel frattempo sono un centinaio i lavoratori che si trovano a casa e la conferenza stampa di stamani, sabato, è stata convocata anche per annunciare una proposta che il consigliere regionale Giacomo Giannarelli (M5s) ha presentato e che riguarda l’istituzione di un fondo di solidarietà e garanzia temporaneo volto a sostenere i lavoratori delle attività sospese. Inoltre il consigliere pentastellato ha fatto sapere che della questione si sta interessando anche il ministro del lavoro Luigi Di Maio. Questi lavoratori, infatti, non possono usufruire degli ammortizzatori sociali.

Una questione delicatissima che l’articolo 58/bis regola fino a giugno 2019. Entro quella data, infatti, le imprese che sono state segnalate a escavare fuori perimetro dovranno rientrare in regola altrimenti le conseguenze andranno dalla sospensione dell’attività alla decadenza dell’autorizzazione con l’apertura di uno scenario drammatico per i livelli occupazionali.

«La norma transitoria – ha spiegato l’assessore al Marmo Alessandro Trivelli – come sapete è stata messa a punto dopo che l’avvocatura Regionale su richiesta dei carabinieri forestali ha scritto al nostro ufficio marmo come applicare la legge ragionale in materia di fuori piano. Quel parere non era sindacabile, come ha detto lo stesso governatore Enrico Rossi, checché ne dica oggi qualcuno, giusto per fare polemica. La Regione stessa, con Rossi, ha chiarito da subito che si trattava di un parere tecnico non condizionabile dalla politica e da lì non ci si poteva discostare (vedi dichiarazioni del 1° agosto). Sulla base delle indicazioni contenute nel parere e dei provvedimenti previsti dalla legge 35, di fatto sarebbe scattata in automatico la chiusura definitiva delle cave incappate nei fuori piano. Noi ci siamo immediatamente attivati per scongiurare questo scenario. Si è aperto il confronto su una fase transitoria e in questa sede, a più riprese, la nostra amministrazione ha immediatamente manifestato la preoccupazione che alla fine a pagare fossero i cavatori. Per questo abbiamo avanzato due proposte che avevano tempi più snelli e dunque meno problemi per i cavatori. Queste proposte ad esempio non prevedevano il fermo per tutta la cava ma solo per l’area difforme. Queste nostre posizioni sono state illustrate e condivise con i lavoratori, con i sindacati e con le cooperative oltre che in una fitta serie di incontri con l’amministrazione regionale. Le nostre posizioni sono state recepite solo in parte e la norma è quella che ormai conoscete. Noi stiamo facendo il massimo per stringere i tempi di risposta dei nostri uffici per riavviare il prima possibile le attività. Al momento però cinque cave su sei non hanno ancora presentato i progetti. È necessario che lo facciano immediatamente per limitare al massimo il periodo di fermo. Se loro non si muovono, il Comune non può fare nulla».

«Noi stiamo con i lavoratori» ha ribadito il vicesindaco Matteo Martinelli. «Come ha detto l’assessore Trivelli, questa vicenda è partita da una norma che prevedeva la chiusura definitiva delle cave incorse nei fuori piano e dopo la nostra faticosa mediazione si è arrivati al 58 bis. Fosse stato per noi lo avremmo scritto diversamente ma alla fine è stato sostenuto da tutte le forze politiche. Per questo è aberrante che qualcuno oggi getti benzina sul fuoco. Dal consiglio comunale al parlamento, da destra a sinistra vediamo purtroppo esponenti politici senza scrupoli che speculano sulle spalle dei lavoratori. Politici che per puro interesse di parte, sono pronti a giocare sulla pelle di persone che rischiano lo stipendio. Questo si chiama sciacallaggio. Il lapideo è una delle poche realtà che dà ossigeno economico e sociale a Carrara, una città che è parte di una provincia dove la disoccupazione è al 16% e quella giovanile al 49%. Non è accettabile che si faccia propaganda sui lavoratori di questa città» ha attaccato Martinelli.

«Oggi lanciamo un invito all’unità di tutte le forze politiche e sociali per gestire questa situazione» ha detto il capogruppo in consiglio regionale del Movimento 5 Stelle Giacomo Giannarelli. «Io sono qui – ha affermato – per avanzare due proposte. Ho depositato in Regione un atto per l’istituzione immediata di un fondo di solidarietà a garanzia dei lavoratori delle imprese e dell’indotto costretti al fermo del 58 bis. Ne ho già parlato con l’assessore regionale alle cave Vincenzo Ceccarelli e ci sono state delle aperture dalla giunta. Poi ho chiesto alla Regione di sottoscrivere un protocollo di intesa con tutti gli enti coinvolti nel rilascio delle autorizzazioni per la ripresa delle attività in cava».

In chiusura le parole del primo cittadino: «Noi stiamo con i lavoratori lo voglio ribadire con forza. I dati illustrati dal vicesindaco confermano che questa città non può permettersi di mettere a rischio un solo posto di lavoro e un solo stipendio. Per questo ringrazio il consigliere regionale Giannarelli per la sua proposta: noi pensiamo che un sostegno economico per i cavatori che lavorano nelle cave colpite dal fermo sia fondamentale. Abbiamo rilanciato questa proposta attraverso tutti i nostri canali anche a livello nazionale. In questo momento così difficile mi aspetto il sostegno e il contributo positivo di tutte le forze politiche a tutti i livelli. E mi aspetto che le aziende presentino subito i progetti» ha concluso De Pasquale.

Intanto sulla questione interviene Articolo 1-Mdp. Riportiamo di seguito il loro intervento.

Articolo Uno-Mdp ritiene di dover intervenire nuovamente sull’annosa questione che ruota attorno all’applicazione dell’articolo 58 bis della legge regionale sul marmo. Purtroppo, come avevamo previsto, la situazione che si sta creando determina pregiudizio prima di tutto a carico dei lavoratori, che si vengono a trovare di punto in bianco senza il proprio lavoro, con l’ulteriore rischio che, qualora i tempi non saranno rispettati per l’epilogo (positivo) della vicenda, rimangano anche senza stipendio. Per questo motivo, chiediamo che i tempi previsti dalla Legge Regionale vengano rispettati, e perciò chiediamo che l’amministrazione comunale si faccia conseguentemente carico di potenziare e rendere efficienti gli uffici preposti a questo delicato compito. Ciò non solo per garantire il rispetto dei diritti dei lavoratori, ma anche per consolidare lo stesso rispetto della legalità, dato che l’argomento del cosiddetto “ricatto occupazionale” è “strumento politico e mediatico” che, potenzialmente, qualora l’amministrazione non sia in grado di rispettare i termini a suo carico nell’iter procedurale di cui all’articolo 58 bis, potrà essere sempre sfruttato da coloro che, titolari di cava, hanno violato le prescrizioni della Legge Regionale. Quindi, che si faccia presto, e che non si perda di vista l’idea di introdurre un ulteriore strumento, che abbiamo proposto e che qui intendiamo rilanciare, di creare un fondo per garantire gli stipendi ai lavoratori dei siti estrattivi, giustamente bloccati per violazione della Legge Regionale, violazione di cui, ovviamente, i lavoratori non hanno alcuna colpa.

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