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«Abusi a Cava Romana, il Ministero scrive a Regione e Comune»

Lo fa sapere in una nota il Grig: «C’è bisogno di provvedimenti concreti ed efficaci per porre fine a una situazione di manifesta illegalità e a un vero scempio ambientale»

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«Il Ministero dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare – Direzione generale per la salvaguardia del territorio e delle acque ha chiesto (nota prot. n. 21194/Sta del 23 ottobre 2018) alla Regione Toscana e al Comune di Massa chiarimenti in relazione ai lavori estrattivi abusivi effettuati alla Cava Romana e oggetto di provvedimenti di ripristino ambientale per verificare se “emergano profili di danno ambientale”». Lo fa sapere il Grig, il Gruppo di intervento giuridico onlus.

«E’ uno degli effetti – scrive il Grig – della richiesta effettuata (30 agosto 2018) dal Gruppo d’Intervento Giuridico onlus di adozione dei provvedimenti di decadenza dalle concessioni estrattive (art. 21 della legge regionale Toscana n. 35/2015 sulle cave) a causa del mancato ripristino ambientale nonostante l’emanazione di ben tre ordinanze di sospensione lavori estrattivi abusivi e ripristino ambientale emesse dal Presidente del Parco naturale delle Alpi Apuane nel corso di due anni (2016-2018). L’Arpat – Direzione generale ha dal canto suo comunicato (nota prot. n. DV.09.02/590.49 del 27 settembre 2018) di non aver informazioni recenti, perché “l’ultimo controllo effettuato … presso la Cava risale a gennaio 2000, effettuato congiuntamente ai Carabinieri di Forno di Massa”. La riscontrata “gestione non corretta dei rifiuti” da parte della “ditta che al tempo gestiva la Cava (diversa dalla ditta attuale)” determinò “una comunicazione di notizia di reato”. L’attuale chiusura della cava ha fatto sì che non venisse inclusa nel Programma del Progetto Speciale 2017-2018 di controllo delle cave».

«Nell’ambito del procedimento di valutazione di impatto ambientale per la riapertura della cava (poi conclusa negativamente), l’Arpat (Area Vasta Costa – Dipartimento di Massa) aveva espresso in sede di conferenza di servizi del 29 febbraio 2016 parere negativo per gravi carenze documentali. Il Consorzio di gestione del Parco naturale regionale delle Alpi Apuane ha semplicemente comunicato (nota prot. n. 2799 del 3 ottobre 2018) “che i provvedimenti adottati dal Parco e la documentazione relativa alla procedura di valutazione di impatto ambientale inerente la Cava Romana, nel Comune di Massa, sono pubblicati sul … sito web” dell’Ente, ma si tratta di cosa già conosciuta».

«In realtà, c’è bisogno di provvedimenti concreti ed efficaci per porre fine a una situazione di manifesta illegalità e a un vero scempio ambientale. Piuttosto evidenti, infatti, i danni ambientali e le violazioni di legge. Con ben tre ordinanze del Presidente del Parco naturale delle Alpi Apuane – la n. 3 del 3 giugno 2016, la n. 4 del 31 marzo 2017 e la n. 4 del 7 agosto 2018 – è stata ordinata la sospensione dei lavori e il ripristino ambientale delle opere estrattive realizzate abusivamente, quantificate complessivamente in mc 4.900 nell’area estrattiva, nonché mc. 21.000 in area naturale protetta, da ridursi a mc. 2.800 considerando “i confini dell’area parco come individuati dal proponente nella documentazione del 2010”, come riportano le ordinanze presidenziali. Gli Uffici del Parco quantificano complessivamente il marmo estratto illecitamente in mc. 15.990. In realtà – come ricordato anche dall’Ente Parco – “la ricostruzione degli assetti preesistenti le opere difformi viene ordinata e deve essere attuata sia in area parco che in area contigua di cava”, per cui poco importa, per il ripristino ambientale, che il sito sia dentro o fuori l’area naturale protetta. Nemmeno può incidere sugli obblighi di ripristino l’istruttoria svolta dallo stesso Ente Parco per correggere quelli che definisce “errori materiali” nella cartografia del parco in relazione ad alcuni siti estrattivi fra cui proprio la Cava Romana (deliberazione del Commissario straordinario del Consorzio di gestione del Parco naturale regionale delle Alpi Apuane con i poteri del Consiglio direttivo n. 31 del 18 luglio 2018): le “rettifiche cartografiche” saranno oggetto di “un successivo e prossimo provvedimento amministrativo, in modo contestuale alla revisione degli elaborati del Piano per il Parco“ (MailScanner ha rilevato un possibile tentativo di frode proveniente da “www.federalismi.it” art. 1, comma 2, della legge regionale Toscana n. 56/2017 e s.m.i.). Ma resta di una gravità di palmare evidenza la prosecuzione per anni di un’attività estrattiva abusiva senza che sia stata fermata da alcuna autorità competente, nonostante ripetute segnalazioni da parte ambientalista. Il fatto grave è che a oggi, a più di due anni dalla prima ordinanza presidenziale, non si ha conoscenza di alcuna attività di ripristino ambientale conclusa entro e fuori i confini del parco naturale delle Alpi Apuane (qualsiasi essi siano), né si ha conoscenza dell’avvenuto pagamento del canone di concessione ai sensi della legge regionale Toscana n. 78/1978 (c.d. tassa marmi) riguardo i quantitativi di marmo estratti in assenza di autorizzazione. Eppure, anche in questo caso, finora non risultano adottati provvedimenti di revoca/caducazione delle attività estrattive, nonostante con determinazione Coordinatore Uffici tecnici del Consorzio di gestione del Parco naturale regionale delle Alpi Apuane n. 4 del 5 maggio 2017 sia stato espresso formale diniego alla richiesta di rinnovo della pronuncia di compatibilità ambientale per la Cava Romana. E gravissima sarebbe la ripresa dell’attività estrattiva, oggettivamente favorita dalle rettifiche degli “errori materiali” nei confini del parco, in favore di un’attività industriale che fa collezione di provvedimenti di sospensione di lavori abusivi. Un premio sfacciato, al di là di giustificazioni e polemiche. Si ricorda che gran parte del comparto estrattivo del marmo – ben 178 cave, di cui 118 attive, nei soli bacini imbriferi del Carrione e del Frigido[1] – ricade proprio nell’ambito del Parco naturale regionale delle Alpi Apuane e che, ai sensi dell’art. 69 della legge regionale Toscana n. 30/2015, “l’ente parco svolge tutte le funzioni relative ad accertamenti, valutazioni, considerazioni, autorizzazioni, atti in proposito”. Tuttavia, in favore dell’Ente Parco è previsto soltanto il potere di ordinare la sospensione dei lavori e il ripristino ambientale (art. 64 della legge regionale Toscana n. 30/2015), ma non è prevista la possibilità di revoca delle autorizzazioni in caso di accertata grave violazione delle prescrizioni autorizzative. Per sua stessa natura, poi, la sospensione dei lavori non può che essere temporanea (vds. Cons. Stato, Sez. IV, 22 febbraio 2017, n. 823). Soccorre la previsione di cui all’art. 21 della legge regionale Toscana n. 35/2015 sulle cave, che dispone (comma 3°) l’adozione da parte del Comune territorialmente competente del provvedimento di decadenza dalla concessione estrattiva, qualora l’Impresa estrattiva non provveda alla sospensione dei lavori in caso di violazione delle prescrizioni autorizzative o alla messa in sicurezza ovvero al ripristino ambientale (commi 1° e 2°). Potrebbe anche applicarsi la disposizione generale sulla revoca degli atti amministrativi di cui all’art. 21 quinques della legge n. 241/1990 e s.m.i., ma nella realtà dei fatti questo non avviene».

«In parole povere, a fronte di numerosi e reiterati casi di riscontrata grave violazione delle prescrizioni autorizzative da parte di Aziende estrattive del marmo sulle Alpi Apuane con gravissimi danni all’ambiente e alle risorse naturali (soprattutto al patrimonio idrico a causa dell’inquinamento da marmettola), non si registrano i conseguenti opportuni provvedimenti di revoca e chiusura definitiva dei relativi siti estrattivi. La Regione Toscana, poi, sta a guardare, pur sollecitata esplicitamente. Altro che buon governo del territorio! Senza contare i danni economici alla collettività: basti pensare ai maggiori costi (300 mila euro annui) per la potabilizzazione delle acque o alle mancate entrate della tassa concessione marmi sugli ingenti quantitativi estratti abusivamente: un vortice di probabili ricavi illeciti e di danni alla collettività sui quali il Gruppo d’Intervento Giuridico onlus ha chiesto da tempo alle competenti magistrature di far piena luce.
Finora sono pochi gli interventi di rilievo, non risolutivi. Fra questi il sequestro preventivo della Cava Vittoria (Comune di Fivizzano, MS) eseguito il 12 dicembre 2017 in base a decreto G.I.P. del Tribunale penale di Massa del 6 dicembre 2017 su richiesta della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Massa, grazie agli accertamenti svolti dai Carabinieri Forestali e dalle Guardie del Parco naturale regionale delle Alpi Apuane e grazie, si parva licet, anche alla segnalazione (11 ottobre 2017) da parte del Gruppo d’Intervento Giuridico onlus della continuazione dei lavori nonostante la revoca della pronuncia di compatibilità ambientale (P.C.A.) n. 4 del 12 aprile 2013 in favore dell’attività estrattiva effettuata con provvedimento n. 20 del 28 settembre 2017 da parte del dirigente del Settore Uffici tecnici del Consorzio di gestione del parco naturale regionale delle Alpi Apuane. Le zone interessate fan parte del parco naturale regionale delle Alpi Apuane e rientrano in aree (siti di importanza comunitaria e zone di protezione speciale) della Rete europea Natura 2000 (direttive n. 92/43/CEE e n. 09/147/CE): sarebbe ora, finalmente, che giungessero in primo luogo dalle amministrazioni pubbliche competenti segnali forti e univoci (a iniziare dal blocco di nuove cave o riattivazione delle dismesse in area Z.P.S.) per la salvaguardia dei valori naturalistici e ambientali delle Alpi Apuane, per la difesa della salute pubblica, ma soprattutto per il ripristino della legalità».

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