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La Nardi e la falsa propaganda del "deficit sulle spalle dei nostri figli"

di Matteo Bernabè*

Se sono all’opposizione un motivo ci sarà. Se sono all’opposizione sarà perché quelle ricette di riduzione del deficit pubblico (più tasse e meno investimenti) che hanno applicato per anni hanno fatto male all’Italia e hanno stremato i suoi cittadini, compresi quelli della nostra provincia. Se il centrosinistra perde nelle periferie (sempre più grandi) dove vivono i meno abbienti e vince nei centri storici (sempre più piccoli) dove vivono i benestanti è perché continua a ragionare per un ipotetico bene futuro mentre i propri cittadini muoiono.

Nonostante questo, dal centrosinistra si continua a ragionare come prima, pur avendo avuto la prova provata che le ricette di riduzione del deficit non funzionano, visto che il tasso di disoccupazione reale in Italia è al 30% (sì, avete capito bene: trenta percento) e il rapporto debito/Pil aumenta. In particolare mi riferisco all’uscita della deputata massese del Partito Democratico, Martina Nardi. La quale, con una nota, ha fatto una legittima critica politica al governo che si poi è trasformata in uno dei soliti slogan totalmente errati del tipo “il deficit pubblico andrà a incrementare il debito pubblico che graverà sulle spalle dei nostri figli”. In particolare ha dichiarato: «Una manovra finanziaria basata su un indebitamento gravosissimo che pagheremo tutti noi, i nostri figli, i nostri nipoti», ripetendo perfettamente il mantra che, purtroppo va ancora per la maggiore tra giornalisti, politici e anche economisti.

Peccato che quel mantra sia completamente sbagliato. Questo perché viene dato per scontato un fatto, tutt’altro che vero: se aumenti il deficit pubblico, i mercati si spaventano perché il debito aumenta, il governo diventa meno affidabile per la sua minor capacità di ripagare i titoli di Stato e questo fa aumentare il loro rendimento e di conseguenza lo spread. E, per dimostrarlo, fanno sempre l’esempio di una famiglia che se aumenta il proprio debito senza incrementare il proprio reddito, le banche a cui va a chiedere i soldi in prestito la ritengono meno affidabile e quindi i prestiti vengono concessi ma a tassi sempre più alti fino ad arrivare a un punto che i finanziamenti non vengono più erogati, facendo andare in bancarotta la famiglia.

C’è un problema in questa visione: lo Stato non è una famiglia e neanche un’azienda, dal momento che, da un punto di vista macroeconomico e contabile, rappresenta il settore pubblico che è altra cosa dall’altro settore, quello privato che comprende famiglie e aziende. Quindi, per fare in modo che un settore sia in attivo, l’altro deve essere in passivo. Si chiama contabilità. Detto in altri termini: il deficit pubblico rappresenta il risparmio privato. Quindi se il governo fa deficit (o disavanzo, che significa meno tasse e più spesa e investimenti), famiglie e aziende avranno più denaro. A ogni debito corrisponde un credito.

Allora, la domanda legittima che qualcuno si farà a questo punto è: ma come mai allora dopo che il governo ha presentato la nota di aggiornamento al Def (il documento di economia e finanza) che prevede un aumento del deficit, i mercati sono andati in fibrillazione? La risposta è che i mercati hanno paura che le azioni compiute dal governo possano portare a uno scontro tale con l’Unione Europea da mettere a repentaglio quel minimo di garanzia che la Banca Centrale Europea ha messo sul debito pubblico italiano.

Infatti è questa la vera questione: ai mercati non interessa il livello del deficit, bensì che i titoli di Stato che hanno acquistato vengano rimborsati. E, il fatto che in Eurozona non ci sia una garanzia vera ed esplicita da parte della Bce, lascia un margine discrezionale ai mercati che possono determinare i tassi di interesse. Cosa che non succede per esempio in paesi sviluppati come Stati Uniti, Giappone, Regno Unito e molti altri, dove i mercati sanno che la banca centrale è sempre disponibile ad acquistare i titoli di Stato e sanno che se la banca centrale vuole può acquistare tutti i titoli per determinarne il tasso di interesse. È questo il vero problema. Ed è questo che il governo dovrebbe proporre come punto principale di una riforma dell’Eurozona.

Infine, tornando alla Nardi, voglio far notare altre due cose. La prima: la deputata del Pd fa la critica ma, forse si dimentica di evidenziare che i governi di centrosinistra che hanno governato fino a ieri hanno fatto deficit superiori al 2,4% del Pil, anche se in un’ottica di riduzione, che significa austerità, che significa più tasse e meno spesa (e quindi meno soldi in tasca degli italiani) e quindi povertà e disoccupazione.

La seconda cosa è relativa alla falsa propaganda del “debito che grava sulle spalle dei nostri figli”. A questo proposito voglio riportare una citazione del premio Nobel per l’economia Paul Krugman.

Tutta questa austerità (che significa più tasse e meno spesa, ovvero meno deficit, ndr) ha peggiorato le cose. Era prevedibile, perché l’invito a risparmiare si è fondato su un fraintendimento del ruolo del debito nell’economia. L’equivoco è evidente ogni volta che qualcuno si scaglia contro il deficit con slogan come “Smettiamo di rubare ai nostri figli”. Apparentemente suona bene: le famiglie che s’indebitano s’impoveriscono, perciò vale lo stesso per il debito pubblico, giusto? Niente affatto. Una famiglia indebitata deve dei soldi a qualcun altro, mentre l’economia deve dei soldi a se stessa.