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Fossa Combratta, Confindustria: «Inaccettabili ingerenze su Conferenza dei servizi»

«Comunque vada sarà un pasticcio. Il marmo di quella cava è storico e prestigioso, impedirne l'estrazione va contro la lavorazione in loco»

Confindustria, con la sua delegazione di Carrara, rompe il silenzio e interviene per dire la sua sulle ultime vicende che hanno riguardato la cava di Fossa Combratta. «Comunque vada, sarà un pasticcio. La gestione del caso cava Combratta – afferma – partita male, sta evidenziando tutta l’imperizia e la fragilità delle nostre Amministrazioni che si lasciano condizionare dalle pressioni di associazioni e di movimenti politici anche in ambiti di natura prettamente tecnica. Tra mozioni ed appelli basati su ricostruzioni quantomeno approssimative dello stato di fatto, si procede ignorando completamente le procedure autorizzative e il normale quadro giuridico entro il quale si muovono le imprese. C’è solo da augurarsi, questo indipendentemente dal caso specifico, che la conferenza dei servizi in programma lasci fuori dalla porta ogni tipo di ingerenza ed esamini il piano di messa in sicurezza della cava attenendosi alle sole normative vigenti».

«Anche sul terreno più strettamente politico – proseguono gli industriali – fermo restando l’autonomia che gli è propria, emergono contraddizioni e corto circuiti che evidenziano solo un atteggiamento pregiudizialmente ostile rispetto a tutte le attività estrattive. Legambiente e le altre associazioni in questi anni hanno cercato di nascondere la propria ostilità sostenendo che in ogni caso sarebbe stata salvaguardata l’estrazione dei materiali storici. Il verdello, marmo che si estrae appunto dalla cava Combratta, è un materiale storico e prestigioso; anche se estratto in piccole quantità, per le sue caratteristiche cromatiche è stato utilizzato in tantissime applicazioni. Impedirne l’estrazione va contro anche l’obiettivo di far lavorare in loco i materiali escavati nelle nostre cave: il verdello, infatti, troverebbe impieghi in progetti particolari per i quali la lavorazione è svolta quasi esclusivamente da laboratori e da maestranze locali».

«Accantonate le polemiche – concludono – resteranno i cocci di una vicenda che, grazie alla sua impronta dirigistica, partendo da una supposta contrapposizione tra attività produttive e ambiente, denota un completo disinteresse per la competitività e le prospettive del settore lapideo nel nostro territorio».